L’umana ossessione per i muri

Ad oggi, nel mondo si contano 74 muri, per una lunghezza pari a 40.000km, ovvero quanto serve per ricoprire l’intera circonferenza terrestre.

Di queste 74 barriere, 16 sono situate in Europa, per un totale di più di 1000 km di costruzioni. Ma perché sono stati costruiti così tanti muri e, soprattutto, com’è possibile la loro esistenza in una società iper-globalizzata come quella odierna?

Per dare una risposta il più soddisfacente possibile è necessario iniziare col definire quella che è l’etimologia del termine centrale di questo articolo, ovvero “muro”; esso deriva dal latino “murus” e si riferisce a ciò che noi siamo soliti indicare come “muraglia”, ovvero qualcosa che separa, divide, qualcosa costruito per ergersi a difesa di qualcuno.

Nel corso della storia l’uomo ha da sempre eretto muri per difendersi in caso di attacco dai suoi simili, ma mai come al giorno d’oggi sono state innalzate così tante barriere nel mondo. Che sia perché gli attacchi dei nostri vicini siano da temere ancora di più rispetto a secoli fa? No, decisamente no.

Al giorno d’oggi sappiamo che le giustificazioni rispetto a questi muri sono ben altre, prima fra tutte l’immigrazione. Sembra paradossale che in una società globalizzata come la nostra, la stessa che aveva in progetto il cosiddetto “villaggio globale”, si costruiscano muri per tenere diviso un essere umano dall’altro; ma analizzando meglio quella che è la psicologia umana, forse un senso a questa dinamica lo possiamo dare.

Secondo la psicologia, infatti, la mente umana sente il bisogno di distinguere ciò che è interno da ciò che è esterno, ciò che è sicuro, da ciò che non lo è. La società di appartenenza è un luogo sicuro, con persone sicure in quanto simili a noi in cultura e mentalità.

L’immigrato con una diversa tradizione e con valori differenti dai nostri è una minaccia in quanto è imprevedibile, sconosciuto e, in quanto tale, insidioso. In una realtà come quella in cui viviamo in cui tutto è in continuo collegamento, costruire delle barriere fisiche è un modo per sentirsi protetti da ciò che è il capro espiatorio di quest’epoca: l’immigrato.

Il famosissimo slogan “aiutiamoli a casa loro”, tanto in voga qualche tempo fa, è perfettamente in linea con questa logica “difensiva”, ma quando ciò non è praticabile nei fatti allora si rende necessario risolvere il problema attraverso la via del muro.

Funziona davvero? No, non funziona. Continueremo imperterriti su questa strada? Probabilmente sì.

Tra cent’anni, se il cambiamento climatico non avrà portato alla nostra estinzione, probabilmente le dinamiche saranno le medesime di oggi. Magari queste muraglie saranno situate in luoghi diversi e il nemico per eccellenza sarà qualcun altro, ma saremo ognuno lo straniero di qualcun altro. I muri resteranno e così anche la psicologia che li esplica li giustificherà.

Margherita Frare

Studentessa di Sociologia e aspirante giornalista, nel tempo libero amo "meriggiare pallida e assorta" tra una poesia montaliana e l'altra.

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