Ecoansia: cos’è e come affrontarla
Giovedì 27 marzo Co.Scienza ha organizzato un dialogo sul tema sempre più attuale dell’ecoansia insieme a tre esperte del settore: Anna Castiglione, dottoranda in Climate psychology, Laura Endrighi, psicologa clinica specializzata anche in ecopsicologia, a moderare Clima3T. Castiglione ed Endrighi hanno raccontato al pubblico il tema dell’ecoansia da due punti di vista differenti, collegati al campo in cui sono specializzate: quello della ricerca scientifica e della psicologia clinica.
L’incontro è stato in primis chiarificatore riguardo che cosa effettivamente sia l’ecoansia. Nell’opinione generale siamo abituati ad etichettare questo fenomeno in maniera negativa e pessimista senza nemmeno interrogarci su quello che rappresenta veramente e sui motivi che lo scatenano. La dottoressa Endrighi, infatti, ha descritto l’ecoansia come uno “stato di attivazione della mente che è una reazione rispetto a una condizione su cui non ci sentiamo di avere controllo, e che rappresenta per noi una minaccia”. Al contrario dell’ansia generalizzata, generata da paure che il paziente possiede che però sono di bassissima probabilità (ad esempio, l’ansia di guidare in autostrada perché si ha paura di andare addosso a un tir non significa che accadrà sicuramente, anzi si può dire che è molto improbabile che si verifichi), l’ecoansia, spiega la dottoressa, è effettivamente legata a una preoccupazione di cui si ha certezza. Tutti noi ben sappiamo da molti anni ormai il pericolo che la crisi climatica comporta per la sopravvivenza del genere umano e della biodiversità sul pianeta, e sappiamo che continuando a seguire un modello economico basato sullo sfruttamento incondizionato delle risorse della Terra la probabilità che si verifichino sempre più catastrofi è del 100%, dunque è una certezza. Questo significa che l’ecoansia non può essere trattata come una “normale” ansia generalizzata.
Ma chi è colpito dall’ecoansia? Come si manifesta nelle persone? Ci dà la risposta la dottoressa Castiglione, che nei suoi studi si occupa proprio di questo. Una persona affetta dall’ecoansia viene intaccata da sintomi che vanno a compromettere i tre ambiti principali della vita di una persona: le sue funzioni biologiche (come dormire e mangiare), le relazioni sociali (non riuscire più a divertirsi, non parlare d’altro con i propri amici e conoscenti) e la capacità di svolgere dei compiti (perdita di concentrazione nello studio o nel lavoro perché non si può fare altro che pensare al problema). L’ecoansia è una patologia seria e pericolosa per la persona, una condizione che, all’estremo, può portare da una parte all’immobilismo totale, in una completa rassegnazione e sentimento di sopraffazione o dall’altra a un iperattivismo, quasi a divenire vittima sacrificale che si immola per il bene del mondo.
Il modo in cui l’ecoansia intacca i vari ambiti della nostra vita è dunque spaventoso e al tempo stesso curioso, soprattutto pensando al fatto che chi ne risente maggiormente sono le persone giovani e giovanissime. Come ci raccontano le dottoresse parlando delle loro esperienze nelle scuole, molti studenti guardano incerti verso il futuro, dubbiosi e preoccupati; molti di questi addirittura dichiarano che, se decidessero di non avere figli, la crisi climatica sarebbe il motivo principale di questa scelta. Ma è soprattutto curioso il fatto che la psicologia climatica, la scienza che studia il tema ambientale legato alla psicologia, è nata solamente nel 2018 dalla APA (American Psychological Association). Essendo un settore così recente, si sa ancora molto poco sul tema; cosa che può creare confusione, perché siamo abituati a vedere le scienze come le discipline che vedono il futuro, e gli scienziati come quelli che ne sanno sempre di più degli altri perché hanno più dati alla mano.
Sebbene la ricerca sia ancora agli inizi del suo percorso, sempre più persone presentano sintomi legati alla crisi climatica ogni anno che passa. La grande domanda, che alla fine emerge sempre negli eventi in cui si parla di clima e ambiente, è: che cosa possiamo fare? Come possiamo affrontare tutte queste emozioni?
La psicologia clinica, basata su un lavoro in cui si mette al centro l’individuo, ha il compito di concentrarsi sulla cura di sé stessi, che spesso si tende a tralasciare se si è soggetti a ecoansia. Ma punta soprattutto a promuovere l’educazione emotiva: troppo spesso la consapevolezza delle emozioni provate manca di profondità, e di conseguenza non è nemmeno possibile accettarle e comprenderle. Il senso di questa pratica consiste nel trovare un modo per stare dentro l’emozione, per abitarla e conoscerla in tutte le sue forme, senza farsi quindi bloccare da essa.
La parte a mio avviso più importante, il cuore del discorso fatto in serata, riguarda la partecipazione all’azione collettiva. Questa risposta ci viene data dalle due dottoresse con l’appoggio di studi scientifici che confermano che la condivisione delle proprie preoccupazioni e l’esperienza di gruppo possono placare i sintomi disadattivi dell’ecoansia. I benefici sono vari, primo fra tutti la creazione di legami sociali che diminuiscono il senso di solitudine, poi il senso di efficacia che riduce la rassegnazione di chi cerca di cambiare le proprie abitudini ma si sente impotente, e infine il benessere psicologico e la soddisfazione che crea la capacità di agire in coordinamento con altri.
Avere un luogo dove poter agire la forza delle emozioni che proviamo a causa dell’ecoansia è fondamentale anche per affrontare problemi complessi e sistematici che sembrano troppo grandi rispetto a noi singoli individui, anche attraverso la condivisione di idee politiche e dell’esercizio del proprio diritto di voto, creando cittadinanza attiva e consapevole. Insomma, l’ecoansia esiste ed è causata da eventi reali che sperimentiamo sempre più frequentemente. È un campanello d’allarme che ci deve far rimanere vigili, attenti al mondo che cambia intorno a noi, una scarica di energia da incanalare in scambi interpersonali e in nuove idee che possono, pur nascendo da un’immagine di catastrofe, diventare elemento di crescita.