Il Lago dei Cigni: la magia del balletto russo in scena a Trento

di Francesco Filippini

Sotto un limpido cielo invernale, in una sala gremita di persone d’ogni età, il primo sabato di Dicembre, è andato in scena presso l’Auditorium Santa Chiara, quello che è, a detta di molti, forse la migliore opera di balletto classico: Il Lago dei Cigni.

Composto da Pëtr Il’ič Čajkovskij all’età di trentacinque anni, sul palco viene inscenato il tormentato sodalizio d’amore in quattro atti tra il principe Siegfried e la bellissima Odette, tramutata in cigno dal malvagio mago Rothbart. La storia originale proviene da un’ antica fiaba tedesca: Der geraubte Schleier (Il velo rubato), ed il libretto a cui oggi si fa ancora affidamento per la rappresentazione è di Vladimir Petrovic Begičev, direttore dei teatri imperiali di Mosca. Proprio qui venne rappresentato il balletto del compositore russo per la prima volta, nel 1877 all’interno del magnifico Teatro Bol’šoj, imponendosi però come un indiscusso successo solo dopo l’esibizione del 1895.

L’incantevole Natalia Lazebnikova ha convito fino dai primi movimenti nei panni del candido cigno Odette e nella sua controparte malvagia Odile, che compare nel terzo atto, così come meritano un plauso Ernest Latypov nei panni del giovane principe Siegfried ed Evengii Svetlista: il perfido Rothbart. Anche se la menzione più speciale la merita Borisov Vladislav, l’agilissimo e simpaticissimo “Jolly” del balletto, che ha strappato più di un applauso al pubblico dell’Auditorium con i suoi sorrisi e salti da capogiro. Ad onor di cronaca però, è necessario anche tessere le lodi del preparatissimo ed elegantissimo corpo di ballo di San Pietroburgo, che anticamente portava il nome di “Balletto sul Neva”.

La storica compagnia fu fondata infatti nell’antica capitale dell’impero russo, la città delle Notti Bianche, per volontà di alcuni nobili e borghesi russi, nel 1877, con lo scopo di far conoscere al mondo le grandi tradizioni del balletto classico. Il repertorio della compagnia include, ad oggi, tutti i grandi classici: dallo “Schiaccianoci” alla “Bella Addormentata”, dal “Corsaro” al “Don Chisciotte”.

Gli sfarzosi costumi, creati appositamente per il tour italiano, sulla base dei canoni artistici del grande teatro russo, sono stati curati da Kulichenko Valeri, che con la vincente scelta di utilizzare colori sgargianti e tessuti pregiati ha incantato tutto il pubblico del Santa Chiara, ricreando perfettamente l’atmosfera delle grandi sale da ballo fine ottocentesche, tanto ben descritte da Dostoevskij e Tolstoj.

La scenografia, essenziale ma funzionale, porta la firma di Gurenko Evgenii, il quale si è ispirato alle regole tecniche e grafiche della classica produzione di Marius Petipa: maestro di danza e primo maître de ballet del balletto imperiale di San Pietroburgo per più di un cinquantennio.

L’esibizione ha convinto quasi in toto, lasciando solo un po’ di amaro in bocca nell’epilogo, dove è mancata forse un pizzico di audacia. Le scelte stilistiche, che evidentemente hanno puntato più sull’impatto visivo che emozionale, hanno pagato pegno nel Quarto Atto. Il finale infatti non ha regalato l’emozione tanto agognata. La tempesta tremenda che avvolge i due amanti sulle sponde del lago, punto cardine per il pathos di tutta l’opera, passa quasi in sordina. La riconciliazione dei due amanti, che si stringono finalmente dopo molte peripezie cullati dalle languide note del Finale, poteva toccare vette altissime, accontentandosi, ahimè, solo di una buona rappresentazione. Un fortissimo scroscio di applausi ha comunque invaso la sala non appena la tenda rossa del teatro si è abbassata: il pubblico è rimasto incantato dal tripudio di colori e musica. La magia del balletto, che non necessita di essere compreso ma solo osservato, ancora una volta, con la sua eleganza e leggerezza, ha fatto breccia nei cuori di tutti regalando una piacevolissima serata.

Francesco Filippini

Studente di Lettere Moderne e vicedirettore de l'Universitario

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