Ucciso il generale Soleimani. La comunità internazionale raccomanda moderazione

Non è passata nemmeno una settimana dall’inizio del 2020 che già la comunità internazionale si ritrova scossa da una notizia improvvisa e di cui non può ignorare le gravi implicazioni. Il generale iraniano 62enne Qassem Soleimani è stato ucciso ieri notte nel bombardamento provocato da un drone Reaper all’aeroporto di Baghdad. Il suo corpo è stato riconosciuto solo grazie all’anello che portava al dito; insieme a lui è stato ucciso anche Abu Mahdi al-Mohandes il capo dell’organizzazione paramilitare irachena sostenuta dall’Iran (Unità di Mobilitazione Popolare). L’azione è stata rivendicata tramite una dichiarazione dal Dipartimento della Difesa USA ed ordinata direttamente dal Presidente Trump. La nota definisce l’operazione come un’azione difensiva volta alla protezione del personale americano all’estero: a detta del Pentagono Soleimani stava attivamente progettando di attaccare diplomatici in Iraq e in tutta la regione. Non si sa ancora con certezza che svolta prenderà la situazione, ma un’azione di questo tipo – definita dalla Speaker della Camera Nancy Pelosi come “provocatoria e sproporzionata” – potrebbe portare ad un’escalation violenta delle precedenti tensioni fra USA e Medio Oriente. Intanto a Teheran è già stato nominato il successore di Soleiman, Esmail Qaani.

Anche se il generale non ricopriva una carica ufficiale ai vertici dello Stato, era comunque una delle figure più influenti dell’Iran, secondo solo all’ayatollah Ali Khamenei e al Presidente Hassan Rohuani. Capo dell’unità speciale Al Quds dei Guardiani della Rivoluzione, amato dal popolo ed importantissimo leader politico e militare, esercitava una grande influenza diretta ed indiretta su Siria, Libano e Iraq. Era stato membro delle milizie di giovani volontari che nel 1979 erano unite alle Guardie Rivoluzionarie, fornendo così all’Ayatollah Khomeini l’appoggio necessario per prendere il potere. Aveva rapporti di favore con l’Hezbollah, il braccio armato degli sciiti in Libano e metà dei 200.000 soldati sciiti del Fronte di Mobilitazione Popolare in Iraq rispondevano direttamente a lui. In Siria aveva inviato le sue brigate sciite in aiuto a Bashar al-Assad. È a lui e alla sua strategia che si deve l’espansione dell’influenza iraniana nella regione del Levante Arabo.

La popolazione di Teheran ha protestato nelle strade l’uccisone del generale. I manifestanti hanno esposto varie immagini di Soleimani, intonato cori come “Morte all’America” e “L’asse di ogni male è l’America”, bruciato bandiere statunitensi ed espresso cordoglio per quello che consideravano il Leader della loro rivoluzione. Simili proteste hanno avuto luogo anche in altre città. L’ayatollah Khamenei ha promesso che ci sarà una reazione da parte di Teheran e ha indetto tre giorni di lutto nazionale. Il Presidente Rohani ha promesso una vendetta da parte dell’Iran e delle altre nazioni libere del mondo nei confronti degli “USA criminali”. In un’intervista rilasciata a Radio Radicale, Giordano Stabile ipotizza un’intensificazione degli attacchi in Siria e Iraq e dà quasi per certa un’escalation violenta del conflitto, anche se ammette che, ad ora, le intenzioni di Trump non sono propriamente chiare. Sostiene inoltre che ci sia la possibilità da parte del Parlamento iraniano di chiedere il ritiro delle truppe USA dal territorio, in modo da mettere pressione al Pentagono.

L’America ha sempre considerato Soleimani una figura molto pericolosa ma né Obama, né Bush avevano ritenuto opportuno eliminarlo. La situazione nella zona era già tesa: prima la morte di un contractor americano in un attacco missilistico presumibilmente ordinato dalle milizie sciite iraniane, poi l’assedio di 36 ore dell’ambasciata americana da parte di attivisti e miliziani pro-Iran, ora questo. L’opinione pubblica americana è profondamente divisa. Joe Biden, uno dei candidati alle elezioni di novembre, ha criticato l’azione di Trump definendola un atto sconsiderato, mentre Marco Rubio al contrario ritiene che il Presidente abbia esercitato “un’ammirabile moderazione” e che si sia semplicemente limitato a tracciare dei limiti e a chiarire la posizione americana. Molti funzionari USA repubblicani lo considerano responsabile della morte di molti soldati americani durante la Guerra in Iraq. Una dimostrazione di forza di questo tipo da parte di Trump sarà sicuramente decisiva nel determinare il corso delle elezioni di novembre, che lui prevede di vincere.

Nel frattempo la Farnesina chiede moderazione e responsabilità ed invita al dialogo, per evitare atti che potrebbero avere gravi conseguenze sulla regione; fa notare inoltre che nuovi conflitti potrebbero essere terreno fertile per il terrorismo. Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres ritiene che il mondo non potrebbe reggere un’altra Guerra nel Golfo e sollecita i leader mondiali ad esercitare il massimo della moderazione. Anche il Ministro degli Esteri cinese Geng Shuang ha espresso le sue preoccupazioni riguardo agli avvenimenti di questo venerdì e ha invitato entrambe le parti, ma soprattutto gli Stati Uniti, ad essere moderati.

Rebecca Franzin

Studio a Trento, ma sono di Vittorio Veneto (tecnicamente Solighetto). Forse un giorno mi laureerò in Studi Internazionali; nel frattempo, se siete credenti, sentitevi liberi di includermi nelle vostre preghiere.

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