Biblioterapia. Lettera a un futuro lettore

Con l’anno nuovo ci ritroviamo puntualmente a scrivere una lista di buoni propositi – che diciamocelo, è febbraio, quindi abbia il coraggio di alzare la mano il solo che non li abbia ancora accantonati – e cadiamo nel vortice di YouTube a fare maratone di video come ‘10 buone abitudini delle persone di successo’. Ed ecco, anche se magari non ci piacerebbe sentircelo dire per l’ennesima volta, una di quelle buone abitudini è senz’altro leggere. E okay, forse citare lo Youtuber medio che con una buona videocamera e un room decor impeccabile fa i soldoni su persone che, come me, nella disperazione da sessione credono nelle loro ‘perle di saggezza’ può non convincerti, come non lo faceva nemmeno la professoressa delle medie che a giugno entrava in classe con la lista dei libri da leggere durante l’estate, corredata di fantomatica scheda libro. Però non facciamo altro che sentirci dire che siamo un branco di millennial sfaticati che non hanno mai aperto un libro e che se lo facessimo forse capiremmo qualcosa. Per cui ho deciso di scoprire se dietro a quello che ci sentiamo dire ci sia un fondo di verità. E, va bene, se quando avrai finito di leggere questo articolo non ti avrò ancora convinto del magico potere dei libri, ti acconsento ad usare il metodo Marie Kondo e a liberarti di questa cosa che non ti dà gioia, per ritornare al binge watching della seconda stagione di Sex Education.

La mia ricerca è incominciata a Rovereto, dove nella facoltà di Scienze Cognitive, Fabio Stassi ha tenuto la conferenza “Biblioterapia: curarsi con i libri. L’autore romano di origini siciliane ha ricordato il più antico detto del mondo bibliotecario  “Ψ Υ Χ Η Σ    Ι Α Τ Ρ Ε Ι Ο N, rimedio dell’anima”. Questa era l’iscrizione che i Tebani avevano fatto incidere all’ingresso della loro biblioteca, una delle più antiche al mondo. Un proverbietto qualunque, insomma. Stassi ha curato l’edizione italiana del libro ‘Curarsi con i libri, rimedi letterari per ogni malanno’, una sorta di dizionario in cui vengono elencati più di cento malanni a cui viene prescritta una cura letteraria. L’intenzione del ‘dizionario’, nato da un’idea di due autrici britanniche, era quello di giocare con la letteratura, provando ad associare a malattie e disturbi un’opera o un autore della letteratura. Uno dei malanni citato da Stassi è l’incapacità di allacciarsi le scarpe, che, dopo una serie di ricerche, associò a Giorgio Manganelli. Lo scrittore e giornalista infatti aveva dichiarato in un’intervista di non sapersi allacciare le scarpe. E okay, se ‘cura letteraria’ può sembrarti un’assurdità da hippy che crede nel potere terapeutico dei cristalli, non ti darò tutti i torti. Ma – spoiler alert – è un’assurdità da cui molti si sono lasciati convincere. Stassi infatti, durante la conferenza, ha ricordato di un viaggio a Cagliari, dove aveva fatto tappa in occasione del tour per pubblicizzare il proprio libro. Quel gioco letterario, infatti, era diventato qualcosa di più.

E Stassi se ne è accorto proprio lì, nel capoluogo sardo, dove per un giorno ha indossato il camice e ha prescritto ricette letterarie. “È sorprendente come ti guardano diversamente le persone quando indossi il camice. Lo consiglio, aumenta l’autostima”, ha scherzato l’autore a Scienze Cognitive. “La giornata era cominciata come uno scherzo, per pubblicizzare il libro. Poi però ha iniziato a formarsi una lunga fila di persone che volevano parlare con me e farsi prescrivere una cura”. Così durante una calda giornata d’estate in Sardegna, Fabio Stassi ha ascoltato, preso il ricettario e prescritto un titolo che gli sembrava rispecchiasse al meglio i bisogni della persona che aveva davanti. “A fine giornata ero stanchissimo. Credo di aver chiesto di portarmi una spremuta da quanto ero sconvolto. Non pensavamo ci prendessero seriamente”. L’autore ha poi ricordato con un sorriso di aver ricevuto delle chiamate da librai sardi che lo ringraziavano e raccontavano di clienti che si erano presentati con ricette firmate a suo nome, chiedendo libri che non erano riusciti a vendere per mesi. Tutto questo a partire da un libro, 700 pagine di cui sono state vendute oltre 50000 copie in Italia, uno dei Paesi di coda nei ranking europei per quando riguarda la lettura.

Ed ecco, se ancora sei diffidente, torniamo nella Germania del secondo dopoguerra. Lì Jella Lepman, donna ebrea, ritornata in patria dopo essere scappata dalla persecuzione nazista, diventò portavoce dei ‘bisogni culturali ed educativi delle donne e dei bambini”. Iniziò a tartassare i capi di stato europei chiedendo che fossero forniti dei libri ai bambini. Credeva infatti che per ricostruire la Germania bisognasse riporre la fiducia nei bambini e che questi potessero essere istruiti solo tramite la lettura. Fondò la Internationale Jugendbibliothek a Monaco, la più grande biblioteca dedicata alla letteratura per ragazzi. E il potere dei libri lo conoscevano bene anche i nazisti, che oltre ad andare contro “l’arte degenerata” fecero roghi dei libri. Perché privare dei libri è privare della libertà. Lo dimostrano anche i dati sulle carceri: nelle prigioni in cui sono presenti biblioteche il tasso di suicidio si abbassa dei due terzi.

Quindi anche se è una realtà che magari ci può risultare scomoda, leggere è utile: è la libertà in un oggetto. Ne parla anche Michelle Kuo, autrice di “Reading with Patrick”, romanzo autobiografico in cui la scrittrice racconta la sua esperienza da giovane insegnante. La sua vita si intreccia con quella di Patrick, suo studente, che riesce ad avvicinare alla lettura. Michelle è però costretta a lasciare il Mississippi per una decisione di lavoro e quando si è trasferita scopre che il suo studente è stato arrestato per omicidio. Michelle, sconvolta dalla notizia, va a trovarlo e prova a convincerlo a scrivere una lettera alla sua figlia appena nata. La giovane insegnante resta sorpresa dalla lettera, in cui trova un’incapacità di esprimersi e un proliferare di errori grammaticali, entrambi fattori che non aveva mai riscontrato nella scrittura di Patrick. Decide quindi di tornare in Mississippi e di visitare il carcerato il più possibile, in modo da procurargli libri e a incitarlo a scrivere. Durante quel periodo Michelle capisce l’effetto straordinario che possono avere la lettura e la scrittura. Ne ha parlato in un Ted Talk: “Che cosa può fare la lettura? La lettura ha riempito la vita di Patrick di mistero, di immaginazione, di bellezza. La lettura gli ha dato una lingua per esprimere ciò che aveva perso. Leggere è una forma di pensiero. Per questo è difficile leggere, perché dobbiamo pensare. E Patrick decise di pensare, invece che non farlo”.

Ecco, se ti sembra troppo impegnativo leggere il libro di Stassi o quello di Michelle Kuo ti consiglio almeno di guardare il Ted Talk di quest’ultima, “Il potere curativo della lettura”, perché lei sarà sicuramente più convincente di me. Ma credo comunque che se hai resistito e hai letto fin qui, probabilmente ti ho già in parte convinto e passato il tarlo della lettura.

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