Cosa posso farci?

Abbiamo spesso parlato e sentito parlare di disastri ambientali, di quanto la nostra vita abbia un impatto negativo sull’ambiente e di come quest’impatto ci abbia addirittura condotti in una nuova era geologica, quella dell’Antropocene

La sensibilizzazione verso le problematiche ambientali e la consapevolezza, acquisita attraverso l’informazione e la ricerca, che prendersi cura del nostro pianeta vuol dire salvarsi da un’estinzione altrimenti inevitabile sono necessarie ma non sufficienti.

Del resto, alla teoria bisogna sempre affiancare la pratica: una volta assimilato un concetto, bisogna poi derivarne i risvolti pratici. E così, una volta ben compreso che il nostro attuale stile di vita è insostenibile, una volta appurato che la causa dei sempre più numerosi e catastrofici disastri ambientali siamo noi e il modo che abbiamo di abitare questo pianeta, non resta che chiedersi: “come posso agire per tutelare il pianeta che mi ospita?”

Le cose da cambiare sono tante e ci vorrebbe una rivoluzione dei nostri costumi, ma non è detto che tutto deve essere fatto subito e chi ben comincia è a metà dell’opera. 

Per questo, la rubrica ambientale con questo articolo apre una mini-saga con idee, ispirazioni, piccoli consigli e informazioni utili per poter a piccoli passi, poco alla volta, rendere più sostenibile la nostra esistenza, cercando di convivere con l’ambiente piuttosto che prevaricarlo. 

Il tema di questa puntata 1 riguarda l’abbigliamento, gli accessori e le calzature. 

Avevamo già parlato di fast fashion, espressione delle esigenze di una società consumistica che più ha e più vuole, e di quanto questa sia dannosa per l’ambiente; ma non è solo cercando di acquistare meno o di acquistare usato che si riduce il danno ambientale. Infatti, il problema sta a monte e cioè nella scelta dei tessuti e dei materiali che scegliamo per i nostri capi e accessori. 

Cosa decidiamo di acquistare

L’industria tessile è tra le più inquinanti globalmente: migliaia di sostanze tossiche vengono utilizzate nelle fasi di coltivazione delle piante da cui si estraggono le fibre tessili. La maggior parte di queste sostanze chimiche vengono poi riversate nelle acque a causa di depuratori poco efficienti o del tutto assenti. Sostanze chimiche vengono utilizzate anche nelle fase successiva, cioè quella di lavorazione del tessuto, in particolare per tinteggiare e candeggiare i capi; peraltro, è proprio la tinteggiatura che richiede il maggior quantitativo di acqua per la produzione dell’indumento. Questa fase comporta il rilascio di circa il 10-15% di coloranti e sostanze chimiche nell’ambiente. 

A ciò si aggiungono le questioni collegate alle grandi piantagioni, ad esempio di cotone, la cui coltura intensiva danneggia irreparabilmente il terreno rendendolo infecondo. Ancora peggio se si pensa a lana o cuoio: qui entrano in gioco le industrie della carne, le quali hanno un impatto ambientale più del doppio rispetto all’agricoltura intensiva – secondo Greenpeace, proveniva dagli allevamenti intensivi il 15,1% del totale delle emissioni di gas serra del 2016, mentre nello stesso anno l’agricoltura si fermava al 6,7%.

Per questo scegliere bene gli indumenti, le calzature e gli accessori è importante. 

Ad esempio, si può prediligere un capo in canapa o lino, molto meno inquinanti rispetto a cotone e lana, oppure scegliere il cotone organico, cioè quello coltivato con metodi e prodotti che hanno un basso impatto ambientale; o ancora si potrebbero scegliere tessuti artificiali, ad esempio il Lyocell, il Modal o l’Orange Fiber (scoprine di più qui). Sebbene non tutti siano riciclabili, sono invece tutti biodegradabili.

La moda sostenibile è una moda biologica, ecologica, vegana, etica, equosolidale, ecosostenibile e zerowaste e sempre di più sono i brand di abbigliamento che decidono di lavorare in questo settore. 

AfendsSayeYatayFlamingo’s Life sono tutti brand che producono capi e calzature ecosostenibili, alcuni utilizzando gli scarti delle pelli animali che i mattatoi avrebbero gettato in discariche o campi (così producendo ulteriori emissioni di metano), altri utilizzando materiali vegani, riciclati e biodegradabili, altri impiegando la canapa o il cotone organico. 

Accanto a queste start-up innovative, molti marchi consolidati e affermati hanno deciso di introdurre una linea di capi e calzature sostenibili, come Levi’s, Pull&bear, Mango, Only e Stradivarius.

Insomma la prossima volta che entreremo in negozio d’abbigliamento sarà sufficiente leggere l’etichetta e prestare attenzione al materiale usato, scegliendo quello meno inquinante.

Un altro modo per ridurre il nostro impatto sull’ambiente è quello, banalissimo, di comprare quando strettamente necessario e prima di recarci in un negozio di provare a vedere se si trova qualcosa di usato. La scelta di acquistare usato, inoltre, aiuta anche a dare nuova vita a indumenti che altrimenti diverrebbero rifiuti e così attuare uno dei principi cardine della moda sostenibile, cioè quello di ridurre la mole di rifiuti che produciamo. A tal proposito la rete ZeroWaste italiana svolge un lavoro magistrale e offre piccoli tips per diventare sempre più ecosostenibili nella nostra quotidianità.

Quello che indossiamo, dopo di noi. 

I principi dell’economia circolare, che non conosce la parola rifiuto ma vuole invece incentivare un circolo virtuoso di utilizzo delle risorse, rispetto ad un’economia lineare, accumulatrice di rifiuti, si applicano anche ai nostri vestiti, che spesso possono essere riparati, riusati e riciclati. In questo modo viene creato nuovo valore, adottando uno stile di vita più consapevole, attento anche all’ambiente.

Decidere di separarsi dalla propria maglietta preferita è una decisione difficile. La decisione semplice è quella successiva: non gettarla nei rifiuti generici.

Se gli indumenti usati finiscono in discarica andranno a contribuire alle emissioni di gas serra. Che fare quindi? Riparare, riusare e riciclare sono le parole chiave. Se ago e filo non fanno per voi potete sempre cercare organizzazioni o negozi che vi piacciono che offrono servizi di raccolta di vestiti usati e di riciclo.

A seconda del servizio offerto, gli indumenti potrebbero essere riproposti sul mercato dei vestiti di seconda mano o destinati a persone in difficoltà. A questo proposito, a Trento e Rovereto segnaliamo Altr’Uso; mentre un mercato dell’usato online è Armadio Verde; un brand con un progetto di economia circolare è Rifò. Non ci dimentichiamo certo degli appositi contenitori autorizzati per la raccolta – per essere certi della loro autorizzazione, è sufficiente verificarlo con il proprio comune. 

Se invece gli indumenti non fossero in buone condizioni per essere riutilizzati, il riciclo è di fondamentale importanza per ridurre il nostro impatto ambientale –  anche se ci sono delle difficoltà, ma forse anche qualche buona notizia.

Insomma, c’è vita per quella maglietta dopo che è stata utilizzata. In conclusione, seguendo le tre principali R dell’economia circolare, è importante Ridurre gli acquisti e investire in capi di buona qualità e tessuti sostenibili, per poi destinarli al Riuso o al Riciclo quando pensiamo di non indossarli più.

in collaborazione con "La Chichera"

lorena bisignano

Studentessa di giurisprudenza.

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