Intervista ad Ariete, una nuova voce di sentimento

Mercoledì 7 ottobre, nelle suggestive Gallerie di Piedicastello, si è tenuto l’ultimo incontro dell’edizione di quest’anno del Poplar. Gli ospiti più attesi della serata sono stati senza dubbio Ariete e gli Psicologi, le cui esibizioni sono riuscite ad emozionare e infiammare il pubblico, nel pieno rispetto delle normative di contenimento per l’emergenza Covid-19. E l’Universitario è riuscito ad intervistarli per voi!

Giovane promessa della musica italiana, Ariete, al secolo Arianna Del Giaccio, è originaria di Anzio e classe 2002. Si è fatta conoscere al grande pubblico grazie al programma X-Factor, al termine del quale è diventata poi famosa per la canzone Quel bar. Sebbene non abbia ancora prodotto un album, ha già prodotto un EP (Spazio) e ha certamente ancora molto da dare.

Come fare concerti in questo periodo di post-lockdown?

Questi sono i miei primi concerti, perchè comunque io sono uscita proprio come artista ufficiale, per quanto possa esserlo, ad aprile, quindi in pieno lockdown. Prima infatti avevo fatto solo qualche serata mia, quando ero molto indipendente, suonando nei locali. Perciò io i concerti li ho proprio cominciati nel bel mezzo del lockdown, quindi è una situazione particolare, mi farebbe piacere farli tutti in piedi, sotto al palco: fare casino insomma. Ma finchè si possono fare, va bene anche seduti, anche se manca un po’ di emozione. Speriamo che la situazione si possa sbloccare presto.

Dove trovi l’ispirazione per la tua musica?

Dalla mia vita quotidiana principalmente, tranne poche esperienze, che riguardano amici miei stretti, per cui riesco a immedesimare. Nello specifico, parlo principalmente della mia vita, della mia adolescenza, dei miei genitori, amici, amori: cose molto classiche insomma.

Dato che parli della tua vita, ci sarà certamente una canzone a cui ti senti più legata?

La canzone a cui sono più legata (e che sono felice sia rimasta un po’ più intima) è Insicuri, l’ultimo brano del mio primo EP, che parla proprio al 101% della mia vita, di come sono cresciuta, della città in cui sono cresciuta e di quanto sia stupido sentirsi grandi e che allo stesso tempo faccia anche paura.

Con la tua musica speri di comunicare qualche messaggio?

Con la mia musica voglio dare un messaggio più a me stessa, ovvero che dalle esperienze che ho provato può uscire qualcosa di bello come una canzone. E anche se le esperienze sono negative, ad esempio mi lascio con qualcuno o altro, comunque, mi influenzano positivamente. Quindi più che un messaggio, voglio far sì che le persone che mi ascoltano si riescano a vedere in quello che sono io, infatti molta gente mi scrive “stai parlando di me in questa canzone!” e questo mi fa piacere perchè significa che c’è qualcuno che prova o ha provato quello che sentivo io quando ho scritto quella canzone.

In una delle tue canzoni, Solo te, dici “essere giovani non fa per me,/non fa per te,/ per me che amo solo te”. Cosa significa oggigiorno, per te, l’amore ed essere giovani?

Penso che essere giovani oggi sia stimolante sotto certi punti di vista, e che la nostra generazione, tra le altre cose, cambierà qualcosa nel corso del tempo, dalle cose più piccole fino ad arrivare a quelle più grandi. Penso al fatto che la nostra generazione sta cercando di sensibilizzarsi su l’identità di genere, io personalmente guardo molti video a riguardo, ma vedo anche molti ragazzi che magari vanno in giro con la gonna. Io penso che la nostra generazione abbia le palle per cambiare qualcosa da qui a vent’anni. Per questo penso che essere giovani oggi sia stimolante, quindi bisogna raccogliere le opportunità più adatte perchè comunque questo è un Paese che a tratti funziona e a tratti no, però credo che dopotutto ci poteva andare anche peggio, in generale, viste anche le altre generazioni passate. Amare poi è una cosa così complessa, io poi nella canzone dico anche che “essere giovani non fa per me/ non fa per te” perchè quando si è giovani si ha la sensazione di essere sempre un po’ “comandati” dai genitori, o comunque influenzati, perchè non hai una casa tua e devi andare a scuola per forza. Quindi magari molte situazioni ti schiacciano un po’, però non penso che essere giovani faccia schifo, nè che comunque nella vita bisogna stare solo con una persona, infatti “amo solo te” è anche molto effimero. Comunque amare ha anche molte sfaccettature, perchè amare non significa voler bene in modo speciale solo ad una persona, ma si può amare anche una passione, un animale, un lavoro, ecc.. Però l’amore è comunque una cosa grande che fa molto bene al cuore, questo è sicuro.   

Che cosa significa per te Tatuaggi, il brano interpretato insieme agli Psicologi?

Sicuramente è una canzone che io reputo molto bella, e a cui mi ha fatto molto piacere collaborare. Inoltre è nata in modo molto spontaneo, perchè Marco (vero nome di Drast degli Psicologi, ndr) mi ha mandato questi provini e mi ha detto “secondo me qua sopra ci staresti bene tu” poi con loro siamo amici quindi vederci è sempre come se ci incontrassimo per prendere un caffè oppure quando stiamo facendo musica. Mi ricordo che stavamo a casa di Danny (il chitarrista degli Psicologi), stavamo lì tranquilli fumando due sigarette e scrivevamo insieme, con loro io ho questo approccio, e quindi anche con la musica che faccio con loro alla fine.

Che percorso universitario vorresti fare?

Prima ancora che ci fosse quest’idea della musica, volevo fare qualcosa che riguardasse lo spettacolo, quindi economia dello spettacolo, o comunque qualcosa che c’entrasse con la discografia. Comunque io non ho questa deadline, se proprio non si smuove nulla con la musica, vado a fare quello che ci sta dietro, quindi manager, A&R, autore, e simili per etichette discografiche. Adesso non so se voglio fare l’università sinceramente e se la faccio comunque voglio che sia qualcosa che mi dia un plus su tutta questa carriera che sto cercando di costruirmi, quindi sempre qualcosa riguardante la musica.

Niccolò Bonato

Appassionato di relazioni internazionali, giornalismo e comunicazione in generale. Originario di Treviso, ma a Trento per studi (internazionali)

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