Ascoltiamoci un po’ di più

Negli ultimi anni i social network sono diventati l’apparente accesso a tutto il mondo. Racchiudono, infatti, ogni tipo di informazione: scorrendo la home di Instagram vediamo video di gattini e di workout, seguiti da agghiaccianti notizie di cronaca e idee per una cena light.

La società odierna ha un funzionamento abbastanza complesso che coinvolge direttamente il nostro subconscio e, così, crea meccanismi difficili da sradicare.

Lo scrittore Matt Haig in Vita su un pianeta nervoso dedica svariate pagine a questo tema e vi si sofferma soprattutto nella prima parte del libro. Qui, dopo aver elencato alcuni dei mezzi che oggi abbiamo a disposizione per migliorare il nostro aspetto, evidenzia come molti di noi continuino ad essere pervasi da un senso di insoddisfazione profonda. Nel capitolo L’insicurezza non dipende dall’aspetto, fa una rivelazione: “Se ci sentiamo a disagio nel nostro corpo, a volte il problema che dobbiamo affrontare è la sensazione, non il corpo”. “Perché mi sento così?” dobbiamo chiederci. Qui tocchiamo una questione importante: sappiamo ascoltare noi stessi? 

Veniamo continuamente bombardati da pubblicità che ci esortano a frequentare corsi di yoga, acquistare creme per rimuovere ogni imperfezione, libri sulle diete, offerte di abbonamenti a palestre e via dicendo. Tutto questo rende difficile o talvolta elimina un’indagine introspettiva sulle vere esigenze di ognuno di noi. Non sempre, in un momento di grande stress, abbiamo bisogno di uno yogurt magro e quattro mandorle. A volte vogliamo una bella fetta di torta, o due, o tre. Ma questo non è consigliato mai. Raramente ho letto articoli o libri che, pur avendo come finalità fornire linee guida per una vita sana, consigliassero accoglienza verso le richieste del nostro corpo. 

Sono dell’idea che l’equilibrio di ognuno di noi sia strettamente legato alla nostra individualità. Invece di porci a priori come obiettivo quello di riuscire a mangiare quantità moderate di cibo, svolgere attività fisica regolarmente e “fare carriera”, dovremmo prima capire se è quello che vogliamo veramente. La televisione, il cinema e le pubblicità tendono a propinare a noi tutti questo modello come l’unico giusto, ma non è affatto così. 

Avere una vita sana significa stare in salute e sentirsi soddisfatti. Il benessere fisico è strettamente legato all’alimentazione, ma questo non significa che dobbiamo lasciarci ossessionare. Il nostro corpo è, escludendo gravi patologie generalmente congenite, una macchina assolutamente perfetta. Anche solo mentre leggiamo queste parole, sta svolgendo una quantità notevole di operazioni in modo estremamente preciso e puntuale. Ovviamente, però, ha anche delle esigenze. Se una volta abbiamo voglia di una fetta di torta, perché lasciare alla foto, tra l’altro probabilmente modificata, di un influencer su Instagram il potere di non assecondarci? Come se questo culto incessante delle privazioni avesse mai portato qualcuno da qualche parte, se non a sviluppare delle reali e gravi patologie. 

Il filosofo S. Kierkegaard diceva che l’ansia può anche essere “la vertigine della libertà” (da Le grandi opere filosofiche e teologiche). Viviamo una vita che ha davanti infinite possibilità. Siamo assaliti dalle innumerevoli opportunità che abbiamo. Per questo, Matt Haig ci consiglia di “[…] scoprire cosa va bene per noi e lasciar perdere il resto”: infatti, “[…] non è necessario un altro mondo. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già qui, se smettiamo di credere di aver bisogno di tutto”. Il segreto è saperci ascoltare, essere in grado di comprendere di cosa abbiamo davvero necessità. Cercare di conoscerci, di capire quello che serve a noi in determinati momenti. Fare un confronto solo con noi stessi, perché il nostro metro non è quello degli altri. Per sentirci davvero soddisfatti è necessario svincolarsi dai limiti delle convenzioni. 

Questo non è facile, soprattutto in un periodo come questo, in cui le ore passate sui social network sono cresciute esponenzialmente. Il sole 24 ore, ad esempio, in un articolo del 28 Aprile 2020, riporta i dati di un’indagine della società Toluna: prendendo un campione rappresentativo di italiani, è risultato che più del 70% di questi ha incrementato notevolmente l’uso delle varie piattaforme online. Siamo quindi bombardati da ancora più da stimoli senza sosta, ma così facciamo davvero fatica a conoscere noi stessi e, di conseguenza, a combattere il senso di frustrazione di fine giornata.

Tutto questo tempo che, ora per prudenza, ora per obbligo, dobbiamo passare in casa ci può essere davvero d’aiuto in questo senso. Dopo aver finito i nostri doveri, forse, invece di passare su Instagram o Tik Tok svariate ore, possiamo sederci sul letto e chiederci: “Come sto? Cosa voglio fare? C’è qualcosa che non ho mai fatto in casa e mi piacerebbe provare?” e, magari, potremmo sorprenderci.

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