Chi è Spleen?

Ciao ragazzi, prima di cominciare a parlare del progetto Spleen, vi chiedo una breve presentazione!

Vincenzo Braia: Io sono Vincenzo Braia, ho 22 anni -23 il prossimo 2 gennaio-, e sono al 4o anno di Giurisprudenza. Nato a Gravina in Puglia, quindi pugliese. Sono un ragazzo come tutti gli altri. Non particolarmente propenso allo studio mi verrebbe da dire, ma con tanta voglia di fare… penso una delle presentazioni più brutte della storia! Non so cos’altro dire, perchè sulle cose che faccio è meglio tacere.

Massimiliano De Pasquale: Posso proporre una cosa? Così faccio proprio l’invasore sfacciato. Facciamo che io presento Vinc e Vinc presenta me?

Per me va bene!

Max: Guarda, scrivi proprio “gli intervistati propongono di invertire i ruoli in maniera totalmente arbitraria”.

Vinc: Per me ci sta, così mi è più semplice.

Max: Allora su Vinc ti dico: intraprendente, ma di un’intraprendenza rara; furbizia, in senso positivo, che si sa muovere; molto intuitivo, perchè sa capire immediatamente le situazioni; nonostante non lo sembri all’apparenza, è una persona molto moderata, nel senso che non ha mai degli eccessi ed è molto più centrato di quanto voglia far credere. Inoltre, anche se a volte appare come uno che sta sulle sue, è molto più presente di quanto sembri e ha anche un’intelligenza sociale veramente sorprendente, nel capire le situazioni che si svolgono in uno spazio e le persone.

Vinc: Ti giuro che neanche mia madre avrebbe parlato così bene di me! Comunque sia, io e Max siamo compagni di corso, ma solo quest’anno abbiamo iniziato a frequentarci. Max è una persona davvero intelligente, forse la più intelligente che io abbia mai conosciuto: un’intelligenza sì teoria, ma prevalentemente pragmatica. Lui non è solo fumo, perchè magari ti fa una cornice culturale con mille cenni diversi, ma alla fine è una persona che arriva sempre al punto. Poi è anche serio, di una serietà che non dico che a me manchi, ma che non raggiunge i suoi livelli: all’interno del nostro programma, è lui che scrive, ricorda gli orari, sta dietro a tutto, e magari dove non arrivo io, arriva lui in automatico e senza che poi lo faccia presente in modo da non provocare squilibri nel gruppo. Per quanto sia un ragazzo brillante che potrebbe lavorare da solo, può lavorare anche tranquillamente in gruppo. È anche molto disponibile e stra-versatile, ma soprattutto ha una forte propensione all’apprendimento, perchè qualsiasi cosa gli metti tra le mani, nel primo momento non sa niente e non ti risponde, ma dopo una settimana già capisce il concetto. Max è la risorsa più importante che ha Spleen, è il motore del programma. È un pozzo di creatività di cui non ho ancora visto il fondo; questo ragazzo continuerà a vomitare idee su idee e il programma ne beneficerà assolutamente.

Max: Bene adesso possiamo partire col pianto! Comunque, per le generalità, Massimiliano De Pasquale, detto Max, -neanche mia madre mi chiama Massimiliano-, anni 22, almeno l’ultima volta che ho controllato erano 22, e vengo da Latina, Lazio, città di merda, e scrivi proprio CITTÀ DI MERDA, che non consiglio a nessuno di visitare e da cui mi sono totalmente distaccato, considero Trento casa mia. Faccio il 4o anno di Giurisprudenza.

Bene, partiamo subito con la prima domanda: che cos’è Spleen?

Vinc: Spleen è un progetto sotto forma di podcast mediante il quale noi -in primis ragazzi, e studenti universitari poi- pensiamo di aver trovato un modo per continuare a sentirci tutti parte di una comunità universitaria che, per le vicissitudini che noi tutti conosciamo, non stiamo vivendo più. Ad esempio: ci mancano le aule studio, ci mancano le aule, ci mancano le macchinette del caffè, ci manca la sigaretta tra una lezione e l’altra. Ci manca tutto. Ecco, Spleen non è così ambizioso da pensare di poter sopperire a questa mancanza perchè è praticamente impossibile -se ci penso mi rattristo tutt’ora-, ma, anche metaforicamente parlando, il podcast non è altro che la riproduzione di una voce e quello che noi intendiamo fare con esso è lanciare un urlo, far sentire la nostra voce e dire “noi ragazzi ci siamo”. Gli studenti non devono sentirsi soli, il nostro messaggio è rivolto soprattutto agli studenti dei primi anni, siccome noi più grandi abbiamo avuto comunque la fortuna di vivere la vita universitaria a pieno nel primo e secondo anno. Difatti, con questo lockdown le matricole non sanno ancora cos’è veramente l’ambiente universitario.

Cos’è per te Spleen in una parola?

Max: Sfogo. Perchè alla fine Spleen è un luogo in cui noi ci sfoghiamo e, per così dire, buttiamo le nostre frustrazioni e i nostri brutti pensieri sugli ascoltatori affinché ci possa essere un’immedesimazione tale per cui il nostro sfogo possa essere il loro sfogo.

Vinc: Per me Spleen è libertà: libertà di dire ciò che si vuole, nel modo in cui si vuole e per un fine giusto, non per caso. Infatti noi non è che vogliamo sparlare e allora prendiamo il microfono in mano. Il fine è quello di mandare il nostro messaggio di cui ti ho detto prima, e lo facciamo in modo un po’ irriverente perchè, al fine di attirare l’attenzione di chi ascolta, non puoi essere banale e minimalista, devi farti notare in un modo un po’ bizzarro e quindi irriverente. Per questo libertà: dire quello che si vuole e come si vuole.

Essendovi confrontati con questa nuova esperienza di Spleen, un progetto di Goosebumps, cos’è per voi far parte di un’associazione, soprattutto in questo periodo?

Max: Io alla fine mi sono trovato a far parte di due associazioni: una Goosebumps e l’altra è Sanbaradio. In tutta onestà, io sono sempre stato fortemente contrario all’associazionismo universitario perchè grande fautore della tesi “mi faccio i cazzi miei, arrivederci e grazie”. Tuttavia, devo dire che il progetto così costruito, cioè da una parte Goosebumps e dall’altra Sanbaradio, ha fatto sì che provassi un vero piacere nel far parte di questo tipo di associazioni, per cui mi sono dovuto ricredere sul mio astio e sul mio pregiudizio -perché è proprio un totale pregiudizio- nei confronti dell’associazionismo universitario. Inoltre, devo dire che proprio nella fase di pandemia questo è un modo ulteriore per sentire la vicinanza dell’ambiente universitario; quindi l’associazionismo va proprio a veicolare quello che ci manca, cioè la presenza di persone proprio intorno a noi: senti vicino delle persone, anche se materialmente non è così.  

Vinc: Far parte di un’associazione significa prendere una posizione, assumere certezze, provare a intraprendere una strada su quello che si crede di essere, su quello che si crede di voler fare nella vita. Far parte di un’associazione, secondo me, è molto spesso mettere la prima pietra di quello che si vuole diventare nella propria vita e anche circondarsi di persone che la vedono più o meno come te o, se così non è, con cui comunque condividi molti interessi. Inoltre, far parte di un’associazione significa anche prendersi delle responsabilità, perché nel momento in cui entri in un’associazione, a prescindere dalla scala gerarchica al suo interno, hai comunque un ruolo, e ad ogni ruolo corrispondo obblighi e responsabilità. Tutte le dinamiche interne ad un’associazione non sono altro che l’anticamera di quello che in grande potrai andare ad affrontare nella vita e fuori dall’università. Ad esempio, io spero di diventare o un direttore sportivo di una squadra di calcio oppure un imprenditore; ebbene, durante la mia esperienza con Goosebumps, per la prima volta mi sono ritrovato a negoziare e contrattare prezzi con persone adulte, quindi con imprenditori e persone che avevano attività già avviate. Quindi avevo a che fare con dei soldi veri, indipendentemente dal fatto che fossero pochi o tanti; queste sono cose che, sebbene adesso siano in una fase embrionale, più avanti mi ritroverò a fare per lavoro. Per questo dico che l’associazione ti dà la possibilità di metterti in gioco seriamente.

Quindi vedi l’associazione un po’ come il primo passo verso il “mondo dei grandi”, quello del lavoro, e fuori dall’università, è corretto?

Vinc: Assolutamente! Io infatti consiglio a tutti di entrare a far parte di associazioni. Poi se le crei dal nulla, le dai tu il nome, le dai tu il logo, e poi c’è gente che ne parla, questo è motivo di orgoglio. Pensando sempre a Goosebumps, va bene è un’associazione ed un ente registrato, tutto quello che vuoi, però abbiamo fatto solo feste, aperitivi e un festone alle Albere con 2 000 persone, niente di che insomma! Però adesso me ne sto vantando. Comunque, a parte scherzi, è bello quando ti senti dire cose del tipo: “Ah, ma tu sei quello di Goosebumps?”, “Quello della festa alle Albere?”, ecc… Nel momento in cui dai qualcosa ai ragazzi e questo qualcosa viene riconosciuto, ciò è proprio gratificante. Io consiglio a tutti di entrare in un’associazione, secondo me dovrebbe essere quasi obbligatorio e l’università dovrebbe riconoscere crediti.  

Com’è stato creare questo progetto quasi dal nulla?

Vinc: Sicuramente molto stimolante. Nel momento in cui ti proponi di produrre un prodotto a qualcuno, comunque devi metterti nei suoi panni e questo ti permette di vedere un qualcosa da più punti di vista, e ciò mi ha certamente migliorato il senso critico; senza contare che mettersi nei panni degli altri non è certo una delle cose più agevoli da fare. Inoltre, un progetto come Spleen non si realizza in un giorno, questa è una creazione progressiva. Non si esaurisce nel momento in cui viene fuori la prima puntata, in quanto è un programma che muta continuamente, episodio dopo episodio, perchè ci vengono in mente idee e contest, capiamo alcuni aspetti legati ai nostri ascoltatori, sbagliamo e cerchiamo di correggerci. Bisogna quindi vederla in un’ottica molto progressiva… o progressista? Scusami Max, com’è? Tu che dici?

Max: Progressiva, direi. Poi, ti dico che pongo questa domanda sotto due punti di vista, entrambi che partono dall’idea per cui c’è un punto di partenza e un punto di arrivo, cioè l’obiettivo. Dal primo punto di vista, quello più personale potremmo dire, ho notato che esce il mio lato dispotico, o meglio il mio lato che pretende: ognuno fa il suo, ma tutti noi dobbiamo dare il massimo. Questo è come mi sono declinato io nel programma. D’altro canto, l’idea di dover realizzare un prodotto è estremamente stimolante, perchè fondamentalmente tu hai delle basi e non hai limiti: puoi fare realmente quello che vuoi. Questo ti allena e ti fa rendere conto delle tue capacità di problem solving e di pianificazione, che sono cose che nella vita, ad un certo punto, ti serviranno. Nella vita di un’associazione, si è davvero artefici del proprio destino e per la prima volta in relazione ad un obiettivo comune, come in una società per certi punti di vista. Quindi, dalla mia parte c’è l’idea di critica massima, di dirsi le cose in faccia, di trovare delle dinamiche interne, e dall’altra quella di trovare qualcosa che senti crescere con te e la bellezza di non avere dei limiti. E quest’ultimo è il punto secondo me più importante: non avere dei limiti e sentirsi completamente padrone del proprio destino, o comunque di quello che sarà il tuo prodotto.

Ora che mi avete spiegato cos’è Spleen, passiamo ad una domanda più tecnica, ovvero: com’è nato Spleen?

Max: se per Vinc va bene, risponderei io perchè mi sono vissuto proprio tutta la genesi di Spleen. Innanzitutto, bisogna dire che questo progetto è nato da due percorsi che si incontrano perché la prima idea, quella primordiale potremmo dire, era di Matteo Virgili, il quale voleva mettere insieme me e Matteo Filippini – che all’epoca non conoscevo ancora- per provare a fare un podcast su Discord, ma questo ancora ad aprile-maggio. In principio, quello sarebbe dovuto essere il podcast di Matteo Virgili, in cui io e Matteo Filippini saremmo dovuti essere degli ospiti e che si sarebbe dovuto chiamare “L’angolo dello zio Teo”. Ovviamente, tale progetto non è mai partito, e per di più io avevo già detto a Matteo Virgili: “nel caso in cui mi trasformassi in un ospite fisso di questo programma, il nome tu lo cambi ora perchè L’angolo dello zio Teo fa schifo al cazzo!”. Successivamente abbiamo fatto delle prove ed effettivamente non usciva neanche male, poi però non se n’è fatto più niente. Poi arriviamo a settembre, quando entra il personaggio qui a fianco che aveva origliato da Matteo Virgili questa idea di fare un podcast e ha brillantemente, oserei dire, conciliato la questione con Goosebumps, che inizialmente era l’associazione che organizzava eventi. Allora, cosa ha detto il caro Vincenzo Braia qui presente, e che potrà confermare: siccome non possiamo più organizzare eventi, facciamo un qualcosa per riaggregare e cementare una comunità universitaria che si è disgregata; questo “qualcosa” doveva essere fruibile per tutte le persone a casa, da qui l’idea di un podcast. Si è quindi unita l’idea Matteo Virgili-Vincenzo, sono venuti da me e mi hanno detto che io ne dovevo fare parte assolutamente e poi Matteo Filippini è stato quello che ha avuto l’idea di entrare in Sanbaradio -altrimenti adesso staremmo facendo il nostro podcast su Discord o su Skype, con evidente differenza di risultati. Una volta entrati in Sanbaradio si è formato il team, anche se poi Matteo Virgili è dovuto tornare a Mantova ed è entrato Davide, e ora Spleen è questo qua. E non abbiamo assolutamente intenzione di fermarci qui!

Qualcosa da aggiungere Vincenzo?

Vinc: Esattamente quello che ha raccontato Max, cioè due strade che si sono incrociate. Infatti questo Matteo Virgili è uno che usa molto i social e uno che parla sempre; insomma, proprio un personaggio. Guarda, se non lo conosci non ti sei perso un granché eh. Tuttavia, è un personaggio molto… molto…

Max: Folkloristico diciamo.

Vinc: Esattamente, folkloristico.

È il ragazzo che fa le pagelle delle puntate sul vostro profilo Instagram, corretto?

Vinc: Esatto, esatto, proprio lui!

Max: Adesso l’abbiamo relegato al ruolo di pagellista.

Vinc: Comunque, tornando alla genesi di Spleen, Matteo Virgili mi propose questo programma, spiegandomi che ci stava già pensando con Max, e io accettai. Ti devo anche spiegare una cosa: noi siamo di giurisprudenza, quindi, vuoi o non vuoi, l’incompetenza la paghi a livello di critiche. Io ho questa sensazione per cui se qui serviva il genio, perchè non ero io e serviva uno che parlasse con riguardo, che sapesse quello che diceva, e il nostro genio era Max. Successivamente, ci siamo visti tutti insieme e, tempo di due-tre caffè, abbiamo organizzato questo podcast. Ci sono ovviamente ancora tante idee che abbiamo in mente e, finita la prima stagione con l’ultima puntata di venerdì 18, riprenderemo a febbraio con tante novità. Comunque essenzialmente Spleen è nato così.

Fin dalla prima puntata avete sottolineato il fatto di essere “Covid-free”. Quanto è importante questo elemento per il vostro podcast?

Max: Questo è un mio cavallo di battaglia. Infatti, quando ci dividemmo i ruoli, a me era stata affidata la “direzione creativa”, per cui io mi occupo principalmente della scrittura della puntata, dei temi, ecc… E fin dall’inizio mi sono imposto sugli altri dicendo: “Rega’, io non voglio parlare di nulla che si senta da altre parti”, e chiaramente il Covid rientra a pieno titolo in questa categoria. Ad esempio, io all’inizio non volevo mettere dei temi per ogni puntata -ogni episodio ha quello che io chiamo “macro-tematica”, anche se poi ci facciamo rientrare un po’ di tutto, quindi sono indicativi fino ad un certo punto. Successivamente, è stato Matteo Filippini a dirmi che forse era meglio mettere dei titoli alle puntate. Dal quel momento, io da “direttore creativo” -tra 3 400 virgolette- mi sono detto “okay, se dobbiamo iniziare a scegliere delle cose di cui parlare e non parlare, trattiamo dell’essere umano, quindi dei profili comuni a tutti quanti (anche se l’essere umano, per forza di cose, qui è declinato a Trento nella comunità universitaria), e invece non parliamo di tutte quelle cose che si possono sentire da altre parti, quindi Covid, politica e simili”. Si è deciso di non parlare di queste cose perchè banalmente non siamo i più titolati a parlarne, se ad esempio volessimo parlare di Covid, dovremmo parlare dell’efficacia e dell’utilità del vaccino: io non ne so niente e mi hanno insegnato che quando non si conosce qualcosa è meglio stare zitti. C’è gente più titolata di noi che può discutere di tali questioni. D’altro canto, noi possiamo parlare di quella che è la caratteristica dell’essere umano, una condizione comune a tutti e un argomento è molto spendibile: si può discutere delle proprie esperienze, confrontarsi e anche parlare di temi molto borderline, esponendo le proprie opinioni e magari degli spunti di riflessione. Questo mi sembra un filone molto interessante, rispetto a quelli di cui si sente già parlare.

Nel vostro podcast si susseguono diverse rubriche: qual è quella che preferite o a cui siete particolarmente affezionati?

Vinc: La mia è “Spleen-Factor” perchè è la rubrica che, se vogliamo, più si avvicina a quello che era lo spirito identitario di Goosebumps, da cui Spleen non è totalmente scissa. Spleen-Factor è espressione di una delle finalità che ci eravamo posti all’inizio: dare un po’ di spazio ai giovani, artisti e non, che si erano dilettati nel buttare giù un pezzo, una base o delle rime. Con questa rubrica noi diamo quello spazio di cui loro magari non hanno bisogno, ma che può comunque dar fiducia, far crescere o anche motivare un ragazzo nel suo percorso. Quindi, personalmente parlando, ti dico Spleen-Factor, perchè poi presuppone almeno un ospite e così c’è anche un livello di interazione anche diverso: un conto è se parliamo sempre noi speaker, un altro è se nella conversazione entra anche un terzo, che piomba così all’improvviso e ci dice come la pensa col suo accento da chissà dove… così a me piace molto!

Max: Premetto che io sono affezionato un po’ a tutte le rubriche, avendo avuto una discreta influenza nella creazione, tranne che per TechAppeal. Comunque, quella a cui sono più affezionato, nonostante non la ritenga la migliore perchè quelle sono Spleen-Factor e i “sex-episodi” con Francesca Breda, è “In microfono veritas”, perchè è la prima che mi è venuta in mente ed è quella che, secondo me, rappresenta l’idea fondante di Spleen. In questa rubrica, infatti, c’è la componente dello sfogo, quella del monologo e del successivo dialogo, quella della libertà di espressione di qualsiasi idea di cui veramente ti va di parlare. Per questo sono affezionato a questa rubrica: è quella che più di tutte rappresenta l’idea che sta sotto Spleen.

Vinc: Per te avrei detto “Vengo dalla Luna”, no?

Max: “Vengo dalla Luna” è più romantica perchè è stata la primissima pazza idea che ci è venuta in mente, quella da cui siamo un po’ partiti, però “In microfono veritas” è stata la prima a cui abbiamo dato un nome, ecco.

Ultima domanda: quali progetti avete per la seconda stagione che volete anticiparci?

Vinc: Ne dobbiamo ancora parlare in realtà, però credo che su una cosa siamo d’accordo: sicuramente la seconda stagione avrà di diverso -e faremo di tutto affinché ciò sia possibile – il fatto di avere anche una registrazione video della puntata, quindi arrivare ad un livello di interazione ancora più profondo. Io mi aspetto questo per la prossima stagione, che tra l’altro era pure nel progetto iniziale, anche se poi, per un motivo o per un’altro, non è stato possibile. Inoltre, il fatto di avere una telecamera puntata per i ragazzi è diverso; perchè secondo me, se hai anche una videocamera, devi interagire anche con quella, perciò non devi solo parlare, ma anche gesticolare un po’ di più magari, anche se non ti viene naturale. Comunque, secondo me questo sarebbe un livello di interazione diverso e cercheremo in tutti modi di farlo. Poi ovviamente si potrà introdurre qualche rubrica in più, ma su questo ci dobbiamo ancora pensare, vero Max?

Max: Allora, sicuramente cercheremo l’interazione sotto tutti i punti di vista, quindi migliorare la pagina social dal punto di vista contenutistico, inserire la diretta video, coinvolgere di più gli ascoltatori -piccolo spoiler della prossima puntata: ci hanno chiamato alcune persone portando loro alcuni temi. Per la mia forma mentis, Spleen è ispirato al programma de La zanzara, da cui però ci discostiamo per evidenti motivi: quello è un prodotto unico, non puoi replicarlo e sarebbe anche stupido farlo. Comunque sia, quello che io vorrei replicare da La zanzara è l’interazione che hanno con gli ascoltatori, questo sì. Da un punto di vista della creatività, io vorrei andare a rompere con la precedente: nella prima stagione abbiamo parlato dell’essere umano, nella seconda non so di cosa parleremo, ma sicuramente non dell’essere umano; dobbiamo parlare sempre di qualcosa di nuovo. Dovremo andare a rompere i nostri schemi, perchè alla fine Spleen è anche un nostro continuo metterci in discussione e anche uno sfidarci a vicenda. Questa nostra repulsione al fermarci è motivata dal fatto che stare sul binario della prima stagione significherebbe diventare ripetitivi e ad un certo punto trovarsi in una posizione di comfort zone, una condizione che voglio evitare assolutamente! Noi non dovremo mai essere nella comfort zone perché entrarci significherebbe smettere di essere tutto ciò per cui Spleen è nato. Abbiamo quasi l’obbligo di metterci alla prova con argomenti sempre nuovi. Poi, per concludere, a me come anche a Vinc piacerebbe, appena le condizioni lo consentiranno, organizzare un evento Spleen: magari una puntata in diretta, raccogliere tutti gli artisti di Spleen-Factor per farli esibire tutti insieme in una sorta di super-concerto, fare del merchandising e chissà che altro. Questo evento sarebbe l’occasione per approfondire quelli che sono gli obiettivi per cui è nato Spleen, quindi l’idea di aggregare una comunità universitaria e divertirci tutti insieme. Non c’è niente di più bello di un evento a tema Spleen per fare questo. Ovviamente tutto ciò dipende chiaramente non da noi, perchè altrimenti noi l’evento lo faremmo già domani. Perciò, quando si potrà fare, sarà la prima cosa che organizzeremo.

Bene l’intervista è finita. Volete aggiungere qualcosa?

Vinc: Una cosa che vogliamo aggiungere è che il ritorno di Matteo Virgili è una questione ancora aperta. Ci saranno sicuramente dei cambiamenti e questa è una cosa che a me non piace fare, però mi tocca: ci sarà gente che rimarrà e gente che ci lascerà. Per il momento Teo rimane, ha un contratto e lo rispetteremo fino in fondo.

Max: Vedremo se ritornerà, sarà un punto interrogativo. Poi vorremmo anche fare un ringraziamento a Sanbaradio per aver dato la possibilità a tre/quattro disgraziati di poter utilizzare dei dispositivi semi-professionali che non si meritavano.

Vinc: È vero, quelli di Sanbaradio sono dei grandi! E ringraziamo anche l’Universitario per questa bella intervista!!

Grazie a voi e alla prossima!    

Se quest’intervista ti ha incuriosito e vuoi trovare un’altra valida scusa per rimandare lo studio e trasferirti almeno col pensiero a Trento, ti basta solo un semplice click per ascoltare Spleen.

Niccolò Bonato

Appassionato di relazioni internazionali, giornalismo e comunicazione in generale. Originario di Treviso, ma a Trento per studi (internazionali)

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