La squadra di calcio dell’università

Scorrendo la sezione sport del nostro giornale, ci si può imbattere nell’articolo – che, a chi ancora non lo ha fatto, consiglio di leggere – “Un calcio agli stereotipi!” Una riflessione su calcio e genere, di Sara Nichiri. L’articolo riporta quanto detto nella conferenza del 26 gennaio 2021 sugli stereotipi di genere nello sport, organizzata dal Cus Unitrento Calcio a 11 e a cui hanno partecipato anche le giocatrici del Trento Calcio Femminile.

Se si mette per un attimo da parte il contenuto principale della conferenza, leggendo questo articolo sorge spontanea una domanda: da quando la nostra università ha una squadra di calcio a 11? La risposta è: da quest’anno. Ad agosto 2020, infatti, a tutti gli studenti in possesso della tessera di UniTrento Sport è arrivata una e-mail in cui il Cus Trento annunciava la nascita della squadra e la possibilità di parteciparvi. Il progetto fa parte di UNI.Team, un programma che consente agli studenti-atleti di affiancare la carriera universitaria a quella sportiva.[1]

Per avere maggiori informazioni sull’origine di questa iniziativa, abbiamo fatto qualche domanda a Joshua De Gennaro, membro del direttivo del Cus Trento e referente per UNI.Team delle squadre di calcio a 11 e calcio a 5/futsal. De Gennaro è il direttore generale: ha, cioè, il compito di scegliere lo staff tecnico, di visionare i calciatori che hanno svolto i provini, di trovare il materiale sportivo e, in generale, di fare da collante tra la squadra e il Cus Trento.

“L’idea, in realtà, è nata da lontano” dice il direttore generale, ricordando che la prima a essere creata era stata la squadra di calcio a 5, nel 2011. De Gennaro spiega che, durante i provini per il calcio a 5, gli era spesso capitato di vedere giocatori che avevano grandi abilità calcistiche, ma che non riuscivano ad adattarsi allo stile di gioco del futsal. Da qui nasce l’idea di cimentarsi in uno sport con più giocatori, che si concretizza nel 2018 con la creazione della squadra di calcio a 7, composta da soli studenti, che dura due anni. Sulla spinta dei calciatori di quest’ultima – e grazie anche all’ingresso nel progetto UNI.Team – nel 2020 viene creata la squadra di calcio a 11, che permette ai giocatori di partecipare a campionati più competitivi di quelli amatoriali a cui era iscritto il calcio a 7.

“Una volta approvato il progetto dalla commissione sport, il primo passo pratico è stata la scelta dello staff tecnico, su cui abbiamo puntato tantissimo”. Lo staff tecnico, infatti, è composto da sette membri: un allenatore, un vice-allenatore e match analyst, un preparatore atletico, un preparatore dei portieri, un fisioterapista, uno psicologo sportivo e un social media manager.

“Una difficoltà – continua De Gennaro – è stata la ricerca di un campo da gioco, perché l’ASIS[2] del Comune di Trento assegna gli impianti in base allo storico delle società, e noi, essendo una società appena nata, abbiamo dovuto accontentarci di un campo in erba naturale che, soprattutto nei mesi invernali, non è il massimo per gli allenamenti”.  Una volta individuati i luoghi adatti per l’attività, è stata formata la squadra, secondo il criterio che almeno l’80% dei componenti dev’essere composto da studenti dell’Università di Trento e il restante 20% da alumni o studenti delle scuole superiori. Tra le ultime settimane di agosto e le prime di settembre ci sono stati i provini, a seguito dei quali è stata selezionata una rosa di 27 giocatori.

         Fare parte della squadra di calcio dell’Università non è come far parte di qualsiasi altra squadra: è richiesto impegno costante e continua partecipazione tanto agli allenamenti quanto agli eventi organizzati dalla società. Infatti, oltre che sul campo, i giocatori sono impegnati anche online: è stata organizzata una serie di incontri, assieme al Cus e all’Università, volti a favorire la piena comprensione dell’attività sportiva di cui si fa parte. Un primo incontro è servito per spiegare ai giocatori quale sia la dieta migliore per gli sportivi, in un secondo incontro si sono analizzati lo stile tattico e le modalità di gioco di una squadra di serie A. Si è poi parlato del dialogo interiore di ciascuna persona, focalizzandosi su come provare a risolvere i momenti critici che ogni giocatore può avere durante una partita. A fine gennaio c’è stata la conferenza sulla parità di genere nel calcio – di cui si è parlato in apertura – e, a partire da marzo, la squadra sta partecipando a una serie di incontri, organizzati dall’Università, che trattano di salute sia mentale che fisica.

Il primo anno si sta rivelando difficile a causa della pandemia, che ha portato a uno stop dei campionati e all’obbligo di svolgere gli allenamenti distanziati. Tuttavia, questo non ha fermato la squadra, che ha continuato ad allenarsi sul campo – con esercizi privi di contatto – due volte a settimana, e una volta a settimana su zoom con sessioni da un’ora curate dal preparatore atletico.

Un ruolo fondamentale all’interno della squadra è quello dell’allenatore, soprattutto quando i giocatori sono tutti studenti universitari. Il mister Libero Pavan, laureatosi nel 2004 in Sociologia presso l’Università degli studi di Trento, ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda, per farci capire quali sono i punti di forza di questo progetto. Riportiamo qui di seguito l’intervista.

Mister Pavan, cosa ha pensato quando il direttore De Gennaro l’ha contattata? Ha accettato subito o ci ha dovuto pensare?

De Gennaro era da un po’ di tempo che provava a contattarmi, ma solo nel gennaio 2020 lo ha fatto con una proposta concreta. Stavo allenando il calcio femminile in serie C e, detto sinceramente, la prospettiva di “tornare indietro” a quello maschile e a un livello inferiore non mi allettava un granché. 

Tuttavia, le sue parole e il progetto che mi stava presentando hanno smosso in me qualche sentimento strano e da quel giorno ho cominciato a fantasticare su questa nuova possibilità. 

Ci siamo sentiti dopo qualche mese, in piena quarantena, e il futuro era molto incerto. Nonostante ciò, dentro di me covavo un sogno: poter costruire totalmente da zero una squadra e una società calcistica, con nuovi valori, senza limitazioni, con grandi prospettive e ambizioni. A quel punto ho accettato. Se dovevo cambiare, che fosse un cambiamento vero! Ciononostante, ho posto subito delle condizioni: uno staff completo, composto da persone preparate e professionalità nel programmare allenamenti, partite, eventi e l’intera stagione: un piano pluriennale con obiettivi e regole precise. 

Le risposte positive e l’entusiasmo contagioso del direttore hanno fatto tutto il resto. A quel punto è stata una strada in discesa.

Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi di allenare una squadra composta da studenti universitari?

La prospettiva di allenare una squadra di universitari mi ha posto immediatamente di fronte a delle sfide: da un lato, c’era il problema della costruzione del gruppo, ossia la necessità di prendere persone che giocoforza non si conoscevano, con percorsi di studio – e quindi interessi – diversi, e focalizzarli sulla passione comune per il gioco del calcio. Inoltre, dall’altro lato, si poneva il problema della giovane età, nonché dell’inesperienza calcistica. Infatti, la maggior parte dei miei giocatori è ai primi anni dell’università, è molto giovane e ha alle spalle pochissima esperienza, spesso fondata sulle squadre giovanili e quasi inesistente a livello di prima squadra.  

Devo dire che nonostante queste oggettive difficoltà, l’avventura finora è stata davvero affascinante. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare ragazzi giovani e volenterosi, che hanno fin da subito fatto loro il principio del miglioramento costante, giorno dopo giorno e allenamento dopo allenamento: in questo credo che l’essere universitari abbia aiutato.

 Altro aspetto importante è stata la gestione del tempo e la disponibilità ad ogni iniziativa calcistica ed extra calcistica. Gestire tutto questo è per certi aspetti molto faticoso e richiede grandi sforzi di programmazione, ma è allo stesso tempo stimolante e coinvolgente. Ora non tornerei più indietro.

Quali sono le difficoltà nell’allenare un gruppo così giovane e che si ritroverà ogni anno a rinnovarsi?

Questo è il sedicesimo anno in cui alleno: per quasi metà di questo tempo ho allenato squadre giovanili e le prime squadre che ho allenato difficilmente superavano i 23/24 anni di media. Perciò non saprei dire esattamente se è più difficile allenare ragazzi giovani o più esperti. Vedo la giovane età come un vantaggio, soprattutto quando c’è disponibilità a conoscere e a migliorarsi. Non a caso, in passato le difficoltà più grandi le ho trovate con giocatori e giocatrici più esperti, ma con meno disponibilità a mettersi in gioco. D’altra parte, un difetto dei giovani, oltre all’inesperienza, è la superbia, tipica dell’età in cui l’esuberanza fisica porta a sottovalutare il valore dell’esperienza dell’avversario. Ma anche questo difetto, alla fine, lo sento quasi come un pregio, nel senso che permette di avere sempre qualcosa di nuovo da insegnare.

Inoltre, sapere in partenza che molti giocatori che alleni dureranno lo spazio di un anno è certamente un grosso problema, ma anche qui se si guardano le cose in prospettiva, quella che è una necessità può diventare una virtù: se da un lato c’è il rischio di doversi presentare ai nastri di partenza di ogni stagione con una squadra sempre rinnovata, dall’altro non c’è l’obbligo di trascinare con la forza dei rapporti che non funzionano. Nella mia esperienza, ma anche guardando le squadre professionistiche, difficilmente un gruppo riesce a produrre dinamiche sane più a lungo dei tre anni, senza cambiare una grossa parte dei giocatori o dello staff. Per questo, la prospettiva di tenere dei giocatori in squadra solo per pochi anni, può rivelarsi vincente a lungo termine. Certamente, ci vuole uno sforzo in più per fare in modo che il tessuto tecnico e il modello organizzativo rimangano sempre validi nonostante ogni cambiamento forzato del gruppo. Quindi, l’obiettivo diventa creare uno stile che sia riconoscibile e che permetta a chiunque voglia approcciarsi a questa esperienza di sapere a cosa va incontro, quali regole dovrà rispettare e che tipo di percorso andrà ad affrontare.

Come si trova a lavorare con uno staff così numeroso?

Uno staff così completo è stato la mia prima condizione per accettare questo incarico. Senza di loro, non sarebbe stato nemmeno possibile iniziare ad approcciarsi al progetto. Avere uno staff così numeroso, composto da persone più brave e competenti di me, mi permette di lavorare con tranquillità, concentrandomi sugli aspetti che mi sono più congeniali. Spesso mi limito a porre un indirizzo e trovo già tutto il lavoro fatto: questo mi permette di godermi di più gli aspetti dell’insegnamento della tattica, dei concetti e dell’organizzazione della squadra. 

Da quest’anno, ho davvero capito che non è importante il livello in cui si allena, ma il modo in cui si imposta il lavoro. Avere uno staff competente al proprio fianco è una condizione senza la quale non si può pensare di lavorare al meglio. Che ci si trovi in seconda categoria o in serie D, se hai delle persone al tuo fianco che ti permettono di andare avanti senza trascurare alcun dettaglio, allora non ci sono traguardi che ti puoi precludere: tutto diventa possibile. 

Quali sono le sue aspettative per il futuro?

Le prospettive per gli anni futuri devono concentrarsi più sul modello organizzativo e sul percorso formativo che sui risultati da ottenere. 

Chiaramente, se i primi saranno solidi sarà più facile che giocatori sempre più bravi si approccino, che le vittorie diventino di più e che i risultati migliorino. Pertanto, realisticamente credo che una squadra composta da soli universitari possa ambire tranquillamente a buone categorie provinciali o regionali negli anni (promozione o, perché no? Eccellenza). Verosimilmente, penso che ci vorranno almeno 3-4 anni prima di vedere risultati concreti sul campo, e ci vorrà un investimento molto grande di tempo ed energie. Ma credo che, dopo i primi tempi, se le prospettive seguiranno il percorso di crescita che già noi quest’anno abbiamo fatto, le soddisfazioni saranno enormi e potranno permettere di ampliare ulteriormente il progetto stesso: per esempio, con una squadra giovanile, una femminile, e così via.

Nonostante i disagi causati dalla pandemia, la creazione della squadra di calcio a 11 dell’Università di Trento si sta già rivelando un progetto vincente: gli obiettivi sono chiari, così come la strada da percorrere per raggiungerli.

Dal prossimo settembre ripartiranno le selezioni, quindi invitiamo chiunque sia interessato a contattare il Cus per entrare far parte della squadra del prossimo campionato, così da poter continuare a coltivare la passione per il calcio senza per questo trascurare gli impegni degli studi.


[1] Per maggiori informazioni a riguardo, consultare la pagina web https://unitrentosport.unitn.it/uniteam

[2] Azienda Speciale per la gestione degli Impianti Sportivi, ndr

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