Aldo Semerari e la Banda della Magliana: quando scienza e politica vanno a braccetto

Anni ’70, anni di piombo, anni di tensione. Anni politici. Anni in cui la rivoluzione informatica stava ponendo le basi per la moderna società di massa, in cui si consolidava un benessere economico della classe media mai visto prima; anni in cui si sciolsero i Beatles e morì Jimi Hendrix, in cui il rock spopolava fra i giovani, ed il cantautorato engagé emergeva sulla leggerezza della musica popolare italiana.

Tutti questi cambiamenti, in ogni caso, non sembrano caratterizzare gli anni ’70 italiani in modo così peculiare come i sommovimenti politico-sociali che attraversarono il nostro Paese in quegli anni. Gladio, Brigate Nere, Loggia P2, Ordine Nuovo, Aldo Semerari, Giulio Andreotti, Licio Gelli, Cesare Battisti, Raffaele Cutolo, strage di Piazza Fontana, strage di Bologna e golpe Borghese sono solo alcuni dei nomi di eventi, organizzazioni e personaggi che intessono il quadro, ancor oggi oscuro, delle trame politiche di quegli anni.

Premesso che la vicinanza dei tempi e l’incompletezza delle fonti, molte delle quali oggi segrete o disperse, non permettono ancora oggi di avere un quadro chiaro dell’epoca e della vicenda che andremo a raccontare, in questo articolo vorrei parlare di Aldo Semerari, psichiatra forense legato ai gruppi dell’eversione di destra negli anni ’70, e dei suoi rapporti con la Banda della Magliana, la prima grande organizzazione mafiosa di Roma. Questo fatto sarà considerato come un’istanza emblematica dei rapporti fra potere e sapere, che sono stati analizzati, proprio in quegli anni, da Michel Foucault, che ha dedicato numerosi studi di carattere storico e filosofico alla nascita della psichiatria e al suo rapporto con il potere politico.

In sintesi, il professor Aldo Semerari era uno psichiatra forense di grandissimo rilievo, professore ordinario di psichiatria criminale alla Sapienza di Roma, perito sovente incaricato dai tribunali di fornire perizie psichiatriche sui criminali. In quest’ambito il giudizio di quest’uomo, per ragioni politiche e di prestigio accademico, rasentava l’insindacabilità di quello di un Inquisitore spagnolo. Ma questo luminare era anche un importante punto di riferimento per associazioni, gruppi e movimenti di estrema destra, aventi l’obiettivo di compiere o far compiere atti di violenza strumentali all’eversione e alla destabilizzazione dell’ordine democratico, per una svolta (se non un colpo di Stato) in senso reazionario e conservatore. Aldo Semerari era un uomo con una svastica tatuata sul collo, che girava sempre vestito di nero, dormiva in un letto di metallo nero sormontato da una bandiera nazista, protetto da dobermann cui impartiva ordini in tedesco. Un altro particolare, che infittisce i misteri dietro alla psiche di quest’uomo, è che da giovane, durante il Ventennio e nell’immediato dopoguerra, era stato un convinto militante del Partito Comunista.  

Il particolare della sua vicenda su cui ci soffermeremo ha inizio nel 1978: Aldo Semerari cominciò ad organizzare una serie di incontri nel suo studio, e nella villa di Fabio De Felice, con alcuni esponenti di spicco della Banda della Magliana[1], come Maurizio Abbatino, Franco Giuseppucci, Edoardo Toscano; qui il nostro uomo, che passerà agli annali come il “Professore nero”, iniziò a contrattare uno “scambio di favori” con la Banda. Il suo piano criminale consisteva nell’attuare una serie di attentati e/o sequestri di persona, volti a destabilizzare l’ordine pubblico e a giustificare provvedimenti reazionari, autoritari e antidemocratici da parte dello Stato e delle milizie, o almeno, da parte di alcuni elementi eversivi di questi. Aldo Semerari è uno dei grandi nomi che circolano dietro alla strage di Bologna, strage per cui fu anche imputato e incarcerato[2]. Pare che nelle intenzioni di Semerari vi fosse addirittura la realizzazione di un golpe, un vero e proprio colpo di Stato appoggiato dai massoni della P2[3], vertici militari, grossi imprenditori, agenti del SISMI e influenti uomini politici; tutti uomini con cui Semerari era in stretto contatto. Il piatto in tavola è questo: la Banda della Magliana si occuperà di effettuare materialmente gli attentati e i sequestri, e in cambio Semerari fornirà perizie psichiatriche favorevoli a membri della Banda finiti sotto processo. In parole semplici (e un po’ semplificatorie), in sede giudiziaria Semerari li farà passare per pazzi, quindi “incapaci di intendere e di volere”, oppure troverà il modo di ridurre loro la pena, e di garantire loro delle condizioni di favore in carcere.

Sentiamo le parole di Fulvio Lucioli, esponente di spicco della Banda della Magliana in quegli anni:

«Il prof. Semerari era lo psichiatra di fiducia della banda. Ha fatto perizie per Selis, D’Ortenzi e probabilmente anche Colafigli. Un giorno venne da noi D’Ortenzi, detto “Zanzarone”, era il 1978, per dirci che Semerari ci proponeva di collocare delle bombe, credo a Roma, e di effettuare alcuni sequestri di persona, dandoci un elenco di nomi. Ci prometteva di far uscire le persone eventualmente arrestate per questi fatti, come del resto era già riuscito a fare con D’Ortenzi e con Selis messi fuori grazie alle perizie psichiatriche di favore. Ci fu un periodo, a Roma, in cui Semerari riceveva tutte le nomine di perizie psichiatriche dai giudici. Comunque, anche se era perito di parte, il suo giudizio era talmente autorevole che nessun perito di ufficio lo contestava. Probabilmente Semerari, uomo dell’ultradestra, ci propose attentati con bombe per conto della sua area. Io e Selis rifiutammo la proposta che ci fece D’Ortenzi per conto di Semerari. I nomi delle persone da sequestrare sarebbero stati riferiti a D’Ortenzi da Semerari solo a condizione che avessimo accettato di fare alcuni attentati…»

Insomma, un vero e proprio “scambio di favori” fra mafia e destra eversiva (che rimase, in realtà, più nelle parole che nei fatti), ma che fu possibile grazie all’autorevolezza della posizione di cui il professore godeva. Nella storia del professor Aldo Semerari, abbiamo uno spaccato con tutti i crismi degli anni di piombo e della strategia della tensione: poteri occulti all’opera, elementi istituzionali deviati, dialettica politica violentissima e intricati rapporti fra giustizia e mafia, il tutto avvolto in una coltre di mistero che ancora oggi non si è riusciti a dissipare.

Con la storia di Aldo Semerari, e dei suoi rapporti con la banda della Magliana, ci fermiamo qui. Per chi volesse approfondire, lascio dei link in nota[4].

Questa vicenda storica, molto interessante, ci è utile perché fornisce un caso esemplare dei “Rapporti fra Sapere e Potere” che furono al centro, in quegli stessi anni, del pensiero di Michel Foucault, e sotto la cui luce possiamo analizzare il nostro caso. Prima di continuare, è necessaria una premessa terminologica su cosa intende Foucault con Sapere e Potere. Secondo Foucault, il Sapere di un’epoca è qualcosa che viene “costruito” e a sua volta “costruisce”. Esso non è mai la riproduzione fedele di uno stato di cose della realtà, e non è mai, come nel caso in special modo delle scienze giuridiche, economiche, psicologiche, qualcosa che avviene in modo trasparente e democratico, ma finisce per favorire solo gli interessi di alcuni. Il Potere, d’altro canto, non è qualcosa di meramente “verticale”, che vede dei sovrani esercitarlo su dei sottoposti, una classe su un’altra, né è qualcosa che si esplicita a un livello meramente politico: esso è qualcosa di costantemente presente nella vita di ogni giorno, e nella vita di ognuno; tutti possiamo essere soggetti e oggetti di potere, soggetti “assoggettatori” o oggetti di “assoggettamento”. Le strutture che retrostanno, e che regolano, i meccanismi e le forme di potere di un’epoca e di una società, sono per larga parte “inconsce”, indipendenti dalla volontà e dalla consapevolezza dei singoli individui, anche di coloro che ne traggono i maggiori benefici; sono frutto di processi storici e sociali che, per la loro utilità, si creano e si stabilizzano nel tempo, e vengono interiorizzati dagli individui che vi sono sottoposti.

Convinzione di Foucault è che il sapere delle scienze non sia mai neutro rispetto agli intenti di potere che vi stanno dietro. Il Sapere, specie quello giuridico e psichiatrico, si forma in funzione di uno scopo che è soprattutto di controllo, “disciplinazione” e incasellamento degli individui. Quest’operazione condiziona sia gli uomini “normali”, che appunto devono seguire una “norma” che li definisce come sani e adatti alla vita sociale, sia i cosiddetti pazzi, gli “a-normali”, che sono isolati, studiati e sradicati dal consorzio civile e dalla sua “regolare, quotidiana normalità”; essi svolgono anche una funzione per così dire “di monito” nei confronti del consorzio civile. A sua volta il potere è influenzato, nelle sue pratiche, dalle scoperte del sapere, e sulla base di queste orienta, utilitaristicamente, la propria azione. Produzione di conoscenza ed esercizio del potere vanno dunque a braccetto, si legano in un rapporto di interdipendenza che distrugge l’illusione di una scienza obiettiva e avalutativa, e di un potere onesto e trasparente.    

Il caso di Aldo Semerari illustra in modo evidente come il Sapere, specie quello istituzionale, produca i suoi risultati sotto spinte e condizionamenti del Potere. Senz’altro questa è un’istanza un po’ estrema di questo tipo di relazione, poiché la “produzione del sapere” da parte di Semerari nelle sue perizie è del tutto falsata da moventi ideologico-politici. Eppure, possiamo affermare con sicurezza che questo è solo uno dei tanti casi che illustrano il reciproco condizionamento fra Potere e Sapere, fra Politica e Scienza, di cui Foucault parla nella sua opera quando tratta della nascita e delle evoluzioni dei sistemi carcerari, degli ospedali psichiatrici, ma anche di altre istituzioni come la scuola militare, il lavoro in fabbrica, la scuola elementare e così via.

Nell’esempio da noi esaminato, assistiamo a quello che nella teoria di Foucault è quasi un paradosso: la condizione di pazzo diventa “di privilegiato”. Semerari, attraverso le sue perizie, fa passare per “pazzi” dei criminali, facendo sì che essi non siano trattati “normalmente”, e quindi giudicati e condannati secondo il crimine commesso; bensì liberati, o comunque trattati favorevolmente, in virtù di una loro presunta condizione di “a-normalità”. Permane comunque, anche in questo caso l’idea di fondo che le “produzioni del Sapere” siano sempre condizionate dagli “interessi di Potere” che vi stanno dietro.

Allarghiamo un attimo il nostro orizzonte, spostando il nostro sguardo al di là di questo specifico episodio: in epoca nazista, ma anche prima a dire il vero, furono numerosi gli studi, frutto di una combinazione fra filosofia, scienza e ideologia, volti a dimostrare la presunta superiorità di alcune razze rispetto ad altre. Da Linneo a Rosenberg, passando per Gobineau, Chamberlain e molti altri, gli studi sulle “razze” umane sono sempre stati sostenuti da un’idea di fondo, ideologicamente orientata: dimostrare la superiorità della razza bianca sulle altre. E che dire, poi, di quell’enorme mole di “sapere” prodotta dalla teologia medievale e di prima età moderna, e delle sue declinazioni “dottrinali”: il testo sacro, a quei tempi, non era soltanto l’oggetto di studio per una riflessione sulle gerarchie celesti, la Natura di Dio e il rapporto fra Natura e Grazia, ma anche la fonte da cui tutti i codici morali, e buona parte di quelli giuridici, traevano la propria fonte di legittimazione. Il Sapere, in questo caso l’interpretazione del testo sacro, influenzava (ed era influenzato da) i governanti che definivano cosa fosse bene e cosa fosse male, giusto o ingiusto, vero o falso, a seconda dei propri pregiudizi e interessi. 

A noi riesce facile, ex post, negare la validità scientifica di tali conclusioni; ma se solo ci mettessimo nei panni degli uomini di quei tempi, che vissero e credettero a quelle idee come a verità scientifiche, capiremmo bene come sia difficile discernere fra scienza e ideologia, produzione “pura” di sapere e “volontà di potere”. E chissà che nei nostri tempi l’intreccio fra queste due istanze non sia ancor più vivo che in altri tempi…


[1] (ma non solo: fra i contatti di Semerari con la criminalità organizzata spiccano anche elementi di altre organizzazioni criminali, fra cui la Nuova Camorra Organizzata).

[2] Anche se fu, un anno dopo l’arresto, prosciolto da ogni accusa per mancanza di prove; pare che in carcere Semerari avesse dato segni di cedimento psicologico, e che avrebbe potuto “parlare”, rivelando segreti attorno a importanti personaggi legati alla P2, al mondo della politica e della criminalità organizzata. Ma anche qui, come su tutti gli anni della strategia della tensione, aleggia un’ombra di mistero.

[3] La loggia P2, per chi non la conoscesse, era un’organizzazione massonica il cui nome completo era Propaganda 2. Senza ricostruirne l’intera storia, basterà dire che fu una loggia massonica segreta (poi, nel 1982, condannata e sciolta come vera e propria “associazione a delinquere”), che nel 1970 era passata sotto la gestione del massone Licio Gelli. Negli anni di piombo, ci furono molti casi di contatto fra la P2 e i terroristi neri, e sono varie le testimonianze che parlano di finanziamenti da parte di Ligio Gelli e una serie di imprenditori, militari deviati e agenti di servizi segreti, al terrorismo nero, in particolare per l’acquisto di armi. Il nome della P2, o comunque di Licio Gelli, compare in numerosi registri d’indagine su presunti colpi di stato, quali per esempio il golpe Borghese del 1970, e attentati di quegli anni, come la strage dell’Italicus del 1974.

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Semerari https://www.youtube.com/watch?v=A1SeqSa77e0 https://www.italiaoggi.it/archivio/aldo-semerari-era-un-supercattivo-vestito-da-supercattivo-con-i-suoi-cinturoni-la-stella-rossa-o-la-svastica-1892057

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