Rojava calling

Il 15 aprile si è tenuta via zoom la conferenza di UDU “Rojava: democrazia senza Stato”. Denominazione questa emblematica e assolutamente riassuntiva di quanto è stato discusso. Ma di cosa si è parlato esattamente? Prima di procedere è necessaria una premessa, ma, come scrive Zerocalcare in Kobane calling: “Se sapete già tutto skippatelo come la pubblicità prima dei video su Youtube.”

Il Rojava è una regione del Medio Oriente compresa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, in cui vive il popolo curdo. Nel 2011, durante la guerra civile in Siria, i curdi siriani hanno proclamato l’autonomia del Rojava, retto da un confederalismo democratico istituito da un contratto sociale. Quest’ultimo trova fondamento nella convivenza etnica e religiosa, la partecipazione, l’emancipazione femminile, la redistribuzione delle ricchezze e l’ecologia. Insomma, questo documento non ha nulla da invidiare alle costituzioni occidentali, anzi.

A dare conferma di quanto sopra sono stati gli ospiti della serata: Fabio Marcelli, giornalista e dirigente di ricerca dell’istituto di studi giuridici internazionali del CNR, Maria Edgarda Marcucci, ex combattente delle Unità di protezione delle donne (YPJ) e Alessandro Orsetti, padre di Lorenzo Orsetti, ucciso mentre combatteva al fianco dell’Unità di protezione popolare (YPG).

Il primo a prendere parola è stato Fabio Marcelli, che ha fornito le prime coordinate per capire meglio il progetto curdo. In particolare ha fatto notare come i curdi non intendano diventare autonomi rispetto al proprio stato di appartenenza, ma far sì che quest’ultimo lasci la propria deriva autoritaria e intraprenda la strada della democrazia. Progetto ambizioso, visionario, ma ritenuto assolutamente possibile da chi combatte ogni giorno.

Molti spunti di riflessione sono stati proposti anche da Maria Edgarda Marcucci, la quale, tra le altre cose, si è soffermata sull’importanza data dai curdi alla figura femminile, tanto da investire molte donne di ruoli chiave nell’organizzazione curda e creare una formazione militare popolare di sole donne, appunto le YPJ di cui la stessa Marcucci ha fatto parte. Questo dovrebbe far riflettere i popoli europei e guardare al Rojava come un esempio da imitare, in modo da mettere un punto al becero maschilismo di cui il mondo occidentale soffre.

Infine ha parlato Alessandro Orsetti, il quale ha condiviso con tutti i presenti l’esperienza del figlio attraverso testuali parole: “Lorenzo non ha combattuto solo contro qualcosa o qualcuno, ma per un ideale.” Lorenzo Orsetti non è quindi partito con l’intenzione prima di combattere contro un nemico, per distruggere qualcosa o qualcuno, Lorenzo è partito per aiutare a costruire qualcosa di giusto, di sacrosanto.

Maria Edgarda Marcucci ha detto: “Lorenzo Orsetti ci ha donato la vita.” E noi cosa possiamo fare perché questo dono non vada sprecato? Parlarne. Abbiamo il dovere di parlare di quel pezzo di terra, il Rojava, che sta combattendo per quei valori che dovrebbero essere universali nei fatti e, invece, lo sono solamente a parole. Abbiamo il dovere di parlare dei curdi, un popolo lasciato solo dopo essere stato usato come pedina nello scacchiere delle grandi potenze mondiali.

Come ha sottolineato Fabio Marcelli la comunità internazionale ha una grande responsabilità in tutto questo e deve prenderne atto, in modo tale da permettere la realizzazione del progetto del Rojava, senza più spargimenti di sangue e attacchi esterni.

Margherita Frare

Studentessa di Sociologia e aspirante giornalista, nel tempo libero amo "meriggiare pallida e assorta" tra una poesia montaliana e l'altra.

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