Fumetto: un genere minore? “A Babbo morto. Una storia di Natale”

“Alle 19:15, i medici del Policlinico di Rovaniemi dichiarano il decesso di Babbo Natale, magnate dei giocattoli e padrone della Klauss Inc”. È con questa frase che inizia l’irriverente graphic novel A Babbo morto. Una storia di Natale di Zerocalcare. Il noto fumettista romano, di recente tornato a far parlare di sé per l’incredibile serie animata Strappare lungo i bordi, ci racconta, con la sua proverbiale ironia, un’alternativa favola natalizia che, tra dissacranti riferimenti alla realtá contemporanea e parodie, nasconde un’amara critica sociale. Particolarissima, inoltre, è l’impostazione grafica che sceglie: la novel è, infatti, interamente composta da illustrazioni a colori commentate che, nei momenti più riflessivi, vengono sostituite da tradizionali vignette in bianco e nero

La storia inizia in un momento imprecisato del XX secolo. Ormai Babbo Natale non è più il costruttore di giochi che tutti conosciamo, anzi, per stare dietro alle sempre più tecnologiche richieste dei bambini, ha messo in piedi un vero e proprio business dei giocattoli, in cui i folletti sono costretti a devastanti turni alla catena di montaggio. Alla sua morte, l’azienda viene ereditata da Figlio Natale, il quale però sembra più interessato a party sadomaso a base di coca!
Lo scandalo, inoltre, porta alla luce le contraffazioni di giocattoli che il vecchio Babbo imponeva ai folletti per rimanere competitivo sul mercato. Tutto ricade nelle mani della renna Rudolph Reindhesse che, decisa a ridimensionare le attività della Klauss, dà il via ad una serie di licenziamenti. A nulla valgono le proteste dei folletti che, anzi, durante l’ennesimo sciopero vengono caricati dalle autorità-renne. Uno di loro, Gaetano, perde la vita. Iniziano così anni di tensione: i folletti, per vendicarsi, si organizzano nel Fronte Armato Folletti e uccidono Rudolph; le renne reagiscono con rastrellamenti e uccisioni. Il culmine arriva la notte di Natale, quando un bambino perde la vita a causa di un pacco regalo esplosivo (in questo caso il Fronte nega il proprio coinvolgimento). I genitori vietano così ai loro bambini di scrivere letterine a Babbo Natale: la gente che ruota attorno alla Klauss è pericolosa, meglio non averci nulla a che fare! È la fine del mito di Babbo Natale…
Arriviamo così ai nostri giorni: i folletti, al di fuori delle fabbriche, non sono più riusciti ad integrarsi nella società, sono costretti a vivere in campi al di fuori delle città e a spostarsi continuamente come profughi per tutta Europa. Le renne che avevano gestito l’ordine pubblico durante le rivolte, invece, sono tutte state promosse a ruoli dirigenziali prestigiosi. Nel frattempo, le anziane rider della Be. Fana protestano per le dure condizioni sul lavoro a cui sono costrette assieme ai minatori di carbone sardi (ormai il carbone nelle calze è passato di moda, i bambini preferiscono gli orsetti gommosi).
Riuscirà la Be. Fana a non finire come la Klauss?

Se tutta questa storia vi risulta familiare è perché Zerocalcare qui, servendosi di famosissimi personaggi immaginari, traccia la storia politica e sociale italiana degli ultimi 60 anni: dagli scontri operai del ’68, agli Anni di piombo fino agli sbarchi clandestini dei migranti, al G8 di Genova e alle recenti proteste dei rider. Tutti questi decenni, alla fine, risultano accomunati da violenza, ipocrisia verso il prossimo e ingiustizia sociale. La causa di tutto, secondo Zerocalcare, sta nel materialismo, nell’avidità del consumatore che ogni giorno pretende prodotti sempre più innovativi e in quella del produttore che, pur di guadagnare più del dovuto, ricorre a soluzioni impensabili. Questo atteggiamento ha due effetti: rende difficile la vita del lavoratore e genera scontri socio-politici.

Ovviamente, in un clima di tensione i beni prodotti perdono tutta la loro bellezza. Zerocalcare non sceglie a caso i giocattoli natalizi: sono gli oggetti in assoluto più legati all’ infanzia e, quindi, alla fantasia. Se tutti quelli che ci lavorano attorno sono però occupati ad uccidersi l’un l’altro, perdono quell’alone di magia che li caratterizza: da regali che portano allegria diventano dei veri e propri strumenti di scontro e morte. Nella novel Babbo Natale è costretto a ricorrere alla contraffazione pur di stare al passo delle avide logiche di mercato, ma la sua stessa morte, metaforicamente, indica che, in realtà, in un mondo del genere ormai lui non ha più spazio. In una società violenta e avida come quella della novel, un personaggio positivo, portatore di gioia e speranza per i più piccoli, non può esistere se non incattivendosi. Nella realtà, anche noi, con tutti gli eventi a cui la novel si ispira, abbiamo ucciso l’immaginazione, abbiamo ucciso Babbo Natale.

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