Tutto sotto controllo

Il tema del controllo si è affacciato più volte in questa rubrica: ne abbiamo parlato principalmente in relazione ai disturbi alimentari, ma è stato presente anche nella gestione dell’ansia e dei rapporti personali. É, insomma, un argomento ricorrente a cui vale la pena dedicare una riflessione. In punta di piedi, allora, cerchiamo oggi di capire da cosa nasce questa necessità, gli ambiti principali in cui si manifesta (relazione con il cibo, con gli altri, con noi stessi) e come gestirla in un modo che non ci danneggi. 

Per iniziare possiamo intanto prendere come riferimento una definizione dell’argomento: tautologicamente è qualificabile come la “convinzione che tutto vada tenuto sotto controllo”; diversamente, possiamo presentarla come una credenza volta non ad un obiettivo positivo, ma ad evitare un danno. Più che il desiderio, fanno quindi da padrone l’ansia, la preoccupazione e la paura di non essere in grado di gestire una determinata situazione. Ma da dove nasce tutto questo?

In modo generico, tra le fonti a cui attinge questo bisogno possiamo metterne in luce una superficiale e una più profonda. La prima è correlata ad un sentimento di sopraffazione della persona limitato ad una situazione in cui, per varie ragioni, una serie di scadenze, obblighi e necessità si sono accavallate. La seconda, invece, ha tendenzialmente a che fare con traumi o dinamiche fuori controllo durante l’infanzia e l’adolescenza ed è molto più pervasiva della prima: l’urgenza di gestire tutto non è circoscritta ad un paio di esami e la casa da pulire, ma diventa una peculiarità del modo di fare dell’individuo o, in alternativa, trova il massimo sfogo in un ambito ben preciso in cui diventa molto dannoso. 

Partendo proprio da quest’ultimo punto, diamo allora un’occhiata ai terreni principali in cui affondano queste radici e partiamo dall’alimentazione. Come abbiamo già spiegato, nei disturbi alimentari (tra cui spiccano bulimia, anoressia e binge eating) l’elemento del controllo è particolarmente dominante: che lo si perda o si cerchi di mantenerlo a tutti i costi, volerlo è uno dei desideri più caratteristici di chi ne soffre. Nello specifico, un attacco bulimico o di binge eating è preceduto dall’angosciante e al contempo soddisfacente immagine di tutto il cibo che si potrebbe ingerire: non si tratta, infatti, solo l’abbuffata in sé, ma anche di tutto il tempo passato rimuginare sui danni che stiamo per fare che la anticipa. Anche durante il momento più caratteristico, poi, questo fatto di non essere capaci di gestire quello che stiamo mangiando è un tormento costante. Parlando per semplificazioni possiamo dire che, tendenzialmente, chi è propenso a questi episodi cerca di avere il controllo su tutti gli altri aspetti della propria vita e si libera solo quando si tratta del cibo; chi è incline all’anoressia, invece, sente di non averne su niente e quindi lo cerca ossessivamente nell’unico ambito in cui sente di potere: quello del cibo.

Le relazioni con gli altri sono un altro tasto dolente per chi ha questa costante necessità e il motivo parte da una premessa evidente: non possiamo controllare né i pensieri né le azioni di chi ci circonda. Premettendo che un collante fondamentale in ogni rapporto sano è una buona dose di fiducia, è tuttavia pur sempre oggettivo che a volte non è tanto l’assenza di questa, quanto la presenza di insicurezze e paure legate al passato ad incidere in modo negativo. Il bisogno di controllare il proprio partner, ad esempio, – mettendo da parte i casi legati ad una percezione maschilista della coppia eterosessuale – può sorgere come conseguenza ad una relazione disfuzionale tra i propri genitori, un tradimento subito nella relazione precedente o una bassa autostima per via di bullismo o violenze sopportate. Vale inoltre la pena precisare che le manifestazioni in questo ambito non sono sempre palesi (del tipo stasera non esci perché io non ci sono): anche dover controllare a chi mette like e chi segue, voler conoscere ogni singola persona che incontra o sbirciare nel suo telefono sono tutti comportamenti che dovrebbero farci accendere una lampadina e chiedere: «Esattamente, perché lo sto facendo?».

Con noi stessi, infine, la conseguenza più immediata di questo bisogno è una quantità sfrenata di perfezionismo che permea ogni attività a cui ci dedichiamo. Questa tendenza può anche diventare patologica in caso di esagerata preoccupazione di commettere errori, standard personali irragionevoli, autovalutazioni severe basate sul “tutto o niente”, sovrastima delle aspettative altrui e via dicendo. Questa correlazione esiste sia alla luce della necessità, per chi brama il controllo, di non potersi permettere mai di perderlo (uno standard personale irragionevole), sia perché, spesso, una volta sfuggito su una piccola cosa, la percezione è quella di aver rovinato tutto e di essere degli incapaci (autovalutazione severa basata sul “tutto o niente”). 

Va da sé che ognuno dei tre aspetti presentati è fondamentale per tutti e vale dunque la pena cercare di capire come gestire questo bisogno. Premesso che una giusta dose di controllo è necessaria per goderci al meglio quello che la vita ci offre (o che ci andiamo a prendere con impegno e fatica), è importante rendersi conto quando questo impulso sta inquinando le parti più importanti e generalmente gioiose della nostra quotidianità. Inoltre, non è necessario che ci appiattiamo tutti allo stesso livello: ognuno organizza la propria vita secondo una serie di personali priorità. Se per qualcuno mangiare sano è molto importante, ben vengano particolare cura e dedizione alla qualità della spesa e alle porzioni. Allo stesso modo, se per un altro avere una tabella di marcia per lo studio è fondamentale per riuscire bene, tabelle siano. Il punto a cui arriviamo oggi, infatti, non è quello di non “fissarsi” su nulla e vivere approssimativamente: è accogliere il nostro modo di essere umani

Nella realtà pratica di tutti i giorni è giusto cercare un equilibrio e prendersene cura, ma per stare profondamente bene è necessario abbracciare il nostro essere fatti, in tutto e per tutto, di alti e bassi: essere costanti “per sempre” nell’avere strettissimo controllo sull’alimentazione, per fare un esempio, è un obiettivo sconsiderato in quanto completamente incompatibile con la nostra inevitabile imperfezione. É insomma normale fare degli errori, ferire qualcuno involontariamente ed essere feriti, perdere qualche giornata di studio e guadagnare qualche chilo: cercare a tutti i costi di evitare ognuna di queste situazioni, se anche dovesse riuscire a non danneggiare gli altri, nuocerà a noi. Le parole chiave sono quindi equilibrio e consapevolezza: la prima, in relazione all’inevitabile mutevolezza del nostro stare al mondo; la seconda, alla luce di quelli che sono i nostri punti di forza e obiettivi sui quali è salutare concentrare tanto impegno, organizzazione e, nei limiti delle nostre facoltà, controllo.

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