Il giornalismo indipendente oggi: tra fascino e difficoltà
Se si chiede oggi a un bambino cosa voglia fare da grande, si sentono risposte come “lo youtuber”, “l’influencer”, e magari anche qualche “cantante”, “maestra”, “dottore”; ma è molto raro sentir rispondere “il giornalista”: pochissimi sognano, fin da piccoli, di esserlo. Eppure, tra questi pochissimi troviamo Futura d’Aprile, laureata in giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma, oggi, giornalista indipendente, si occupa di Medio Oriente, in particolare della Turchia, di relazioni internazionali, conflitti e difesa.
Per tanti altri, poi, l’avvicinamento al mondo del giornalismo arriva “un po’ per caso”, ed è proprio così che ha definito l’inizio della sua carriera la giornalista freelance Sara Manisera, laureata in Scienze Politiche, con una tesi sul caporalato, lo sfruttamento dei migranti in agricoltura e la ‘ndrangheta a Rosarno, Calabria. Ha un master in Relazioni del mondo arabo e del Mediterraneo a Beirut e si occupa di donne, conflitti e società civile in Medio Oriente, lavorando principalmente in Libano, Siria, Iraq e Tunisia.
Queste due giovani giornaliste hanno tenuto una conferenza in occasione dello Uman Festival 2025, a tema “Isole”, dove hanno raccontato le sfide e gli aspetti più affascinanti del giornalismo indipendente, e più nello specifico di quello d’inchiesta, oggi.

Sara Manisera ha subito voluto chiarire cosa significhi, attualmente, essere freelance: “Innanzitutto, essere freelance vuol dire lavorare per cottimo; quindi, tu vendi il tuo pezzo alla testata X che non ti paga nulla, se non il pezzo che tu produci per loro”. La sua collega Futura d’Aprile, ha poi aggiunto che in molti casi è più comodo avere una redazione alle spalle, con cui è garantito un salario fisso, più possibilità di far valere i propri diritti su ciò che si scrive, e spesso è anche più sicuro, soprattutto quando ci si trova in delle situazioni da cui, se si è da soli, è difficile uscire. Futura, d’altra parte, ha anche condiviso la propria esperienza di quando ha lavorato in una redazione vera e propria, raccontando che le condizioni di lavoro non le consentivano di esprimersi liberamente né di avere una vera vita al di fuori dell’ufficio, e quindi diventare freelance è stata la scelta migliore per lei.
Un altro problema molto sentito dalle due ospiti della conferenza è il classismo che affligge le scuole di giornalismo. Per permettersi di frequentare una scuola di giornalismo, che di norma richiede cospicue rette da pagare, bisogna avere una famiglia dietro che sia in grado di far fronte a queste spese; inoltre è molto difficile poter lavorare durante il periodo di studi, un po’ perché le lezioni impegnano tutto il giorno, e un po’ perché, una volta finite le ore di studio, ci sono numerosi progetti e lavori da portare a termine. Questo fa sì che esistano giornalisti di serie A, quelli che hanno avuto la comodità di frequentare le scuole senza dover lavorare per pagare gli studi, e giornalisti di serie B, come i pubblicisti, di cui Futura d’Aprile è un esempio.
Spesso quando si sente la parola “indipendente” la si associa a “solitario”. Per il giornalismo però non è così. Entrambe le ospiti della conferenza, infatti, fanno parte di un collettivo, cioè un gruppo di giornalisti indipendenti collegati da una rete di rapporti che consente loro di aiutarsi, lavorare insieme e sostenersi nei vari progetti.
Come ben si sa, le basi del giornalismo sono le fonti da cui si ricavano le informazioni; Sara e Futura ci hanno dato dei consigli su quali siano, a loro parere, le fonti più affidabili, citando ad esempio Irpimedia, e su come sia importante informarsi nel modo giusto: “meno informazioni, ma migliori”, ha detto Sara.
Dalle parole di queste due donne traspariva fierezza e gratificazione per il proprio lavoro, per i propri risultati, ma, contemporaneamente, anche i sacrifici, le porte in faccia e le problematicità che esso comporta; Futura, in conclusione, ha detto: “Non siamo qui a dirvi di non farlo, ma a dirvi: preparatevi”. Insomma, fare il giornalista di per sé non è una passeggiata, e da questa conferenza si evince che farlo “da soli” sia una salita piuttosto ripida; una salita che, però, arrivati in cima, ha un panorama mozzafiato.
photo credits: Riccardo Fogo
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