Un film e una serie per superare la tua ultima storia d’amore

Attenzione! L’articolo contiene SPOILER su Eternal Sunshine of the Spotless Mind e How I met your mother.

La paura più grande per un artista è quella di vivere della gloria riflessa e sbiadita delle proprie conquiste. È la stessa paura di ogni innamorato alla fine di una storia d’amore: come ben sa chiunque si sia mai trovato a dover affrontare una rottura, il pensiero più distruttivo per la propria salute psicofisica è il terrificante “non troverò mai nessuno come lei/lui”. È un pensiero che riconosciamo essere orrendo, ma in cui nonostante ciò ci continuiamo a crogiolare. Questa tendenza masochista ci dice molto sulla nostra natura di esseri umani: amiamo vivere nel passato.

Perché? Semplice: è comodo, sicuro e a portata di mano. Vivere nel passato ci toglie dall’imbarazzo e dalla sfida di vivere il presente e, soprattutto, di lanciarsi nell’ignoto e nell’incertezza del futuro. Amiamo la sicurezza e il controllo, la chiarezza e la tranquillità. Tendiamo a conservarci nello stato di benessere che abbiamo incrociato per sbaglio o per fortuna nella vita, perché siamo per natura portati a permanere nel nostro stato di quiete e a credere di aver già raggiunto il massimo raggiungibile nelle esperienze passate. Ci compiaciamo mestamente delle nostre illusorie conquiste; abbiamo paura di fuggire dal posto che ci siamo ritagliati nel mondo perché temiamo di non riuscire a fare di meglio e quando lo perdiamo, siamo disposti a sacrificare il presente pur di vivere tra le ombre di un passato idealizzato, pur di sfuggire alla responsabilità di ricominciare tutto da capo. Il passato è la più grande e resistente comfort zone della nostra vita.

Per questo, come ci ricorda Nietzsche, la Storia è così pericolosa. Ogni artista vive nel terrore di rimanere aggrappato ai suoi colpi di genio, alle idee grandiose ormai vecchie, stantie e ricoperte da una coltre di polvere, usurate dai continui rimaneggiamenti a cui suo malgrado le ha sottoposte ogni volta che le ha chiamate in causa per dare un senso al mondo, per non perdere quel posto privilegiato che si è costruito.

Lo stesso accade quando siamo difronte a quella terrificante sequenza di parole: “non ti amo più”. Non è una metafora quella che usiamo quando diciamo che tutto il mondo crolla in quegli istanti. È letteralmente tutto il nostro mondo che va in frantumi, perché il mondo ha senso nella misura in cui noi lo ordiniamo e gli diamo valore. E quelle quattro parole significano che dobbiamo rifare tutto da capo, che abbiamo perso il mondo, perché quello su cui si era fondato fino ad ora, è svanito. Ma non possiamo accettare di rifare tutto da capo, perché sappiamo quanta fatica ci costerebbe. L’opzione più immediata è quindi di continare a vivere tra le rovine del nostro mondo diroccato e senza senso. Perdiamo ogni aspettativa e ci accontentiamo di essere dei semplici amministratori di un impero che sembra esserci stato ceduto per grazia.

Vivere nel passato è il rischio più grande per la felicità di un essere umano. Perché il passato ci priva di noi stessi, ci riduce a meri spettatori di uno spettacolo che si è consumato e che è destinato a non fare ritorno sulla scena. E quando siamo spettatori di noi stessi, siamo infelici, ci sentiamo spaccati e alienati, dissonanti. Nel momento in cui sentiamo di aver perso il continuum che ci legava alle nostre idee e alle nostre azioni, quando cominciamo a vivere la vita come se fosse qualcosa di esterno, quando lasciamo che siano gli eventi a determinarci, non possiamo che essere infelici. Nessuno si può permettere di vivere nel passato a meno di sacrificare la propria unità individuale e quindi la propria felicità, quella felicità che deve ogni volta essere riguadagnata giorno dopo giorno. Sto forse suggerendo che per essere felici dobbiamo dimenticare acriticamente la Storia e il passato? Nient’affatto. Al contrario, l’unico modo per riuscire quanto meno a raccapezzarsi della propria esistenza, è ammetterne la complessità. È a partire da questo paradossale rapporto con il nostro passato che esso si può superare. Mi spiego meglio.

Superare il passato non significa affatto eliminarlo. Non significa distruggere la memoria, anzi, è proprio la memoria, questo strano fenomeno per cui riusciamo a definirci esseri unitari che non si frammentano nelle manifestazioni ogni istante diverse della materia, a dare sostanza e spessore alla nostra vita. Senza la memoria, non ci sarebbe il continuum che lega chi sono ora a chi ero quando avevo 12 anni. Senza memoria non avrei una biografia o una storia e molto banalmente non sarei un individuo. Non sarei tanto diverso da una pietra che rotola giù da una montagna. Perdere la memoria non significa solo perdere il mondo, ma in modo ancora più drammatico, perdere sé stessi, nel senso più profondo di queste parole. Ad esempio in Eternal sunshine of the Spotless mind (non vi dico come hanno tradotto il titolo del film in italiano) il protagonista interpretato da Jim Carrey decide di farsi cancellare ogni ricordo della sua ex fidanzata, interpretata da Kate Winslet, per evitare di convivere con il dolore dell’abbandono, e ancora di più per evitare di cadere nella trappola del passato, dell’illusione più potente a cui siamo sottoposti dalla nostra mente: ovvero la convinzione che il passato era meglio del presente e il desiderio di voler ricreare quello stato di (idealizzato) benessere perduto. Ma cercare di essere felici cancellando il passato ci appiattisce, ci toglie lo spessore umano che ci caratterizza in quanto esseri individuali e unici, in quanto capaci di raccontare una storia unica che è la “nostra” storia, una storia che possiamo attribuire a un “IO” che sentiamo permanere anche al di là dei cambiamenti esterni. E infatti, alla fine Joel e Clementine si ritrovano dopo che la loro memoria era stata cancellata e si innamorano di nuovo, perché la mente va continuamente alla ricerca di senso nel mondo, e l’amore è il modo migliore che abbiamo per rendere il nostro mondo sopportabile e felice. E anche quando scoprono il motivo per cui si erano lasciati, decidono di rischiare ancora, di avventurarsi di nuovo verso l’ignoto e di abbandonarsi un’altra volta alle incognite dell’amore. Joel e Clementine sanno che potrebbe finire come la prima volta ma rinunciare significherebbe perdere letteralmente sé stessi e il mondo. Un prezzo troppo alto da pagare.

La vera sfida è riuscire a vivere nel presente proiettati verso il futuro allo stesso tempo nonostante e in virtù del peso del passato:

  • In virtù di esso, perché come ho già detto ci rende umani;
  • Nonostante il suo peso, perché saremo sempre tentati di fare ritorno ai ricordi, sia per condannarli che per idealizzarli.  

Superare il passato significa superare l’inganno a cui ci sottopone la memoria. Non smantellare la struttura che ci tiene insieme in quanto individui bensì accettarne il peso e ammettere che il più delle volte lo sopravvalutiamo. Accettare il passato non significa arrendersi ad esso e ai suoi tranelli, ma prenderlo per quello che è: ovvero una storia che ci raccontiamo per ingannarci e fuggire dalla responsabilità di costruire un presente degno di essere vissuto. E quando accettiamo questo fatto, vediamo che l’inganno svanisce.

Vivere nel passato ci impedisce di essere felici. Eppure siamo naturalmente portati a farlo. Ma è proprio questa contraddittorietà che ci rende umani. E sono proprio i paradossi che bruciando alimentano il fuoco delle creazioni e delle imprese umane. Tutte cose che nascono in risposta al caos, come dei modi per mettergli ordine. Quindi non è così male un po’ di casino, a volte, perché ci spinge a trasformarci.

Come quello che prova Ted in How I met your Mother quando inizia a raccontare la storia della sua vita ai suoi figli. Perché Ted gli racconta questa storia? Non lo fa per avere la loro approvazione per uscire con Robin dopo la morte della madre, come molti credono, ma perché vuole scoprire chi è, e solo nelle storie, noi abbiamo un’immagine di noi stessi un po’ più chiara. Solo raccontando la nostra storia riusciamo a fare chiarezza. Non perché esista già un’immagine definita da far emergere, ma perché quell’immagine viene creata ogni volta che raccontiamo una storia. La nostra autoesplorazione nelle storie che raccontiamo, coincide con la nostra autocreazione. Ted vuole capire chi è ora che il suo mondo ha perso significato dopo la morte della donna che amava. Vuole costruirsi un’immagine sensata, una visione chiara del suo microuniverso, dando senso a una realtà che non ha un senso intrinseco. Come diceva Sartre, “la via d’uscita non esiste, si inventa”. Ecco qual è il valore più mirabolante e delirante delle narrazioni, che siano film, serie tv, romanzi, saggi, poesie, musica, dipinti, videogiochi: costruire un mondo abitabile, un mondo che sia a misura d’uomo. Un mondo dove quando vediamo un ombrello giallo, non vediamo mai solo un ombrello giallo, ma il simbolo di qualcosa di universale.

Ho raccontato una storia, e come succede sempre con le storie, ho messo un po’ d’ordine al caos. È questo il bello della vita: c’è sempre un nuovo livello da giocare se si è pronti a mettere in discussione quello che si è stati. Così, il grande insegnamento che HIMYM e Eternal Sunshine of the Spoteless Mind ci lasciano è imparare a raccontare e affrontare il nostro passato e NON a eliminarlo. Ci insegnano che raccontare una storia rimane sempre il modo migliore per fuggire da sé stessi e incarnare le nostre possibilità future. Perché, vedete, le storie ci salvano davvero la vita, ci fanno scoprire parti di noi che non conoscevamo perché ancora non esistevano. Quante volte vi siete sentiti diversi dopo aver visto una serie tv o un film o dopo aver trovato finalmente il coraggio di raccontare un’esperienza che avete vissuto? È di questo che parlo, di questa “salvezza narrativa”. Le storie ci spingono a esplorare l’ignoto sia del mondo che del nostro animo, proprio a partire dal passato, come se esso fosse una fionda che dobbiamo usare per superarlo. Le storie ci salvano dalla Storia, perché ci insegnano ogni volta di nuovo che il mondo è più di quanto credevamo, e che c’è sempre una pagina da scrivere. Ci insegnano che possiamo ancora essere sconvolti dal mondo e ci fanno provare quel senso di vertigine difronte all’ignoto che provavamo quando guardavamo la persona che amavamo. E così facendo ci ricordano che non è affatto vero che “non proveremo mai più quei sentimenti che abbiamo provato con il nostro ex”. Le storie ci rimettono in discussione e ci ricordano che possiamo ancora scrivere una pagina da aggiungere al libro.

E quella nuova pagina può certamente essere una pagina in cui mi lamento di non riuscire a scrivere nuove pagine. Quanto è ironica e paradossale la vita, eh? Paradosso, contraddizione, caos. Eppure è grazie a tutto ciò che possiamo superare il passato e continuare a vivere sperando di essere felici. Raccontandoci una storia.

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Angelo Andriano

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