Il test delle diseguaglianze: testar non nuoce

Aprile è il mese dei test d’ingresso. Tutti ci siamo passati. L’agitazione, l’anomala afa primaverile – nel mio caso almeno è stato così – il non vedere l’ora che finisse tutto e infine lei, la folla. Folle e folle di maturandi (e non), a tentare il test d’ammissione all’Università di Trento. Quest’anno, quella folla, come ben sappiamo, non ci potrà essere a causa del Covid-19. Dal momento, però, che l’università non si è mai fermata, si sta pensando a come far svolgere, in tutta sicurezza, il test a migliaia di persone.

Negli ultimi giorni sta facendo molto discutere la proposta fatta all’ultimo Consiglio di Dipartimento di Sociologia riguardo la modalità di svolgimento del test d’ingresso. Per sostituire la partecipazione fisica dei singoli candidati, si è pensato ad una ponderazione dei voti di quarta superiore. Questa scelta, presa dal Rettore Collini in accordo con la consulta dei direttori, è stata giustificata – come si legge nel comunicato rilasciato dai Rappresentanti del dipartimento – dicendo che “il voto di maturità è il miglior predittore della prestazione universitaria”. Si legge, infine, nel medesimo documento, che la proposta è stata approvata e che soltanto quattro professori si sono astenuti. Oltre a Sociologia la proposta è stata approvata anche a Rovereto.

I Rappresentanti, contrari a questa decisione,  ritengono sia “una modalità classista” per il semplice fatto che la scuola, per com’è ora, “è una macchina riproduttrice di diseguaglianze”. Infatti, se si vuole parlare di dati, sappiamo che chi proviene da famiglie meno benestanti ottiene generalmente voti più bassi. Anche durante l’emergenza Covid-19 non si dovrebbe privare qualcuno del diritto allo studio.

Martedì 21 si terrà, proprio per questa decisone, un Consiglio degli studenti dove i rappresentanti presenteranno delle proposte alternative. Come, ad esempio, una prova a forma mista, cioè un test da casa che però presenta dei test aggiuntivi, la redazione di un testo in diretta telematica – con un supervisore ogni 20 persone – la stesura di una lettera motivazionale oppure un test standard fatto da casa con dei software appositi per impedire l’uso del pc per altri motivi.

Naturalmente, in periodi straordinari come questo, è normale cercare le alternative più semplici possibili ai problemi che si presentano. Non è normale, però, quando queste alternative giocano a sfavore di qualcuno. I test d’ingresso da sempre sono oggetto di discussione: ci si chiede se siano adatti, veritieri e se effettivamente da quelle domande si possa attestare la capacità – o l’intelligenza – di qualcuno. Al momento, però, questo metodo dà la possibilità a tutti di provare: sostituirlo con uno esclusivo e per pochi non è la soluzione ad un problema già presente e che da tempo andrebbe risolto. Ci sono tanti fattori che andrebbero considerati nella ponderazione dei voti di quarta superiore: il più banale è che lo studente solitamente non pensa a ciò che lo attende di lì a due anni. Chi frequenta l’anno all’estero poi, nella maggior parte dei casi, non dispone dei voti richiesti dal test.

In conclusione si può dire che no, non sembra essere la soluzione adatta. E come ricordano i Rappresentanti nel comunicato, una scelta di questo tipo, fatta da un Dipartimento che insegna e approfondisce temi come le diseguaglianze, è inaspettata e anche un po’ triste.

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