Fumetto: un genere minore? Sulle orme di Dante

Di Vincenzo Acerenza e Ilaria Tonini

Settecento anni fa, a Ravenna, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, si spegneva il poeta fiorentino Dante Alighieri. Con la sua Commedia (l’aggettivo Divina sarebbe stato aggiunto in seguito da Giovanni Boccaccio) avrebbe poi determinato la nascita della lingua nazionale italiana e influenzato letteratura e pensiero del mondo intero. Il poema allegorico-didascalico racconta l’immaginario viaggio dell’autore attraverso i tre regni ultraterreni d’Inferno, Purgatorio e Paradiso per ottenere la salvezza divina dai propri peccati. Grazie alle sue vicende immaginifiche, ai suoi personaggi incredibili e alle innumerevoli chiavi di lettura che offre, l’opera ha finito con l’invadere anche lo spazio della cultura pop tra cinema, TV, videogiochi e fumetti.

La primissima attualizzazione a fumetti dell’opera dantesca è la parodia italiana L’inferno di Topolino, pubblicata a puntate sul noto periodico Topolino tra 1949 e 1950. Topolino e Pippo, colpiti da un incantesimo al termine di una recita teatrale sulla Divina Commedia, iniziano a credere di essere i veri Dante e Virgilio. Si recano così in biblioteca per documentarsi sul Sommo Poeta e, addormentatisi, vengono catapultati nel poema. A differenza di altri adattamenti, loro non attraverseranno il regno ultraterreno in sé, ma le vere e proprie pagine dell’opera! I vari gironi infernali vengono quindi riadattati in modo da descrivere comicamente una realtà più vicina a bambini e ragazzi. Il Limbo, ad esempio, non è più il luogo dove vivono in pace gli «spiriti magni» (personaggi virtuosi esclusi dal Paradiso perché pagani), ma il girone in cui Orazio, Platone, Cicerone e la personificazione dell’Aritmetica, coloro che «fanno tristi gli anni della scuola», sono puniti con i dispetti degli studenti. A rendere matura e unica questa parodia sono le didascalie scritte in terzine dantesche (ogni strofa della Divina Commedia è formata da tre versi endecasillabi: il primo e il terzo rimano tra loro, il secondo rima con il primo e con il terzo della strofa successiva).

L’autore Guido Martina gioca con il linguaggio dantesco: riprende i più iconici versi del Sommo Poeta (come il celebre «Tanto gentile e tanto onesta pare», contenuto in un sonetto della Vita Nuova, non nella Divina Commedia) e li mescola ai suoi, creando versi originali pieni di riferimenti alla contemporaneità. Il risultato è un’atmosfera buffa in cui ogni imprevedibile vignetta omaggia la scrittura di Dante e cerca di far avvicinare i giovani lettori alla sua opera in maniera divertente. Tuttavia i 70 anni della parodia iniziano un po’ a farsi sentire. La complessità delle didascalie, i dialoghi con parole non più d’uso comune, le citazioni di personaggi e concetti sconosciuti ad un pubblico di 14-15 anni e alcune immagini forti rendono la parodia sicuramente sgradevole e poco comprensibile per un bambino del 2021. Potrebbe invece rivelarsi un classico ingegnoso e divertente per chiunque abbia letto o studiato Dante.

Un altro caso italiano interessante è Dante Alighieri. Amor mi mosse (D’Uva, Rossi e Astrid), biografia a fumetti che permette al lettore di ripercorrere i momenti fondamentali della vita di Dante attraverso gli occhi di Beatrice. Nel fornire una chiave di lettura del tutto inedita della storia d’amore tra Beatrice e Dante, gli autori di Amor mi mosse hanno cercato di attenersi fedelmente alle opere dantesche e ai documenti che ci sono pervenuti sulla vita del poeta fiorentino. Tuttavia è intuibile che alcuni elementi del fumetto siano romanzati, per il fatto che il reale punto di vista di Beatrice è a noi sconosciuto. Uno di questi è la gelosia che la donna prova nel narrare come Dante, sopraffatto dall’amore, abbia deciso di mascherare i propri sentimenti e di cominciare a scrivere sonetti dedicati ad altre donne (le cosiddette «donne dello schermo»). Anche il dato, ripreso dalla Vita Nuova, secondo cui i due si sarebbero incontrati due volte a distanza di nove anni l’una dall’altra è probabilmente fittizio: i multipli di tre, numero associato alla Trinità, venivano infatti usati spesso da Dante per sottolineare il carattere spirituale del suo amore per Beatrice. Inoltre, anche se nel fumetto è lo sguardo di Beatrice a guidare il lettore, questa resta sempre la donna angelicata vista dagli occhi di Dante: ci viene offerto il punto di vista di Beatrice, ma il suo personaggio non è diverso o più articolato di quello che conosciamo grazie alle opere del poeta; rimane sempre la Beatrice-angelo, fortemente idealizzata. Questo è evidente nella scena in cui Beatrice incontra Virgilio nel Limbo per chiedergli di andare in soccorso di Dante: l’amata del poeta è rappresentata come un fascio di luce dorata, che illumina Virgilio e la cui mancanza sarà percepibile dal buio che lascia dietro di sé e attorno all’autore dell’Eneide quando esce di scena.

La centralità e l’interesse per Beatrice vengono ribaditi anche in Over The Garden Wall. Nella miniserie animata i riferimenti a Dante non sono difficili da notare: i soli dieci episodi della serie ruotano attorno alle avventure di due fratellastri, Wirt e Greg, che si sono persi in una tetra foresta detta l’Ignoto, che richiama moltissimo la «selva oscura» dantesca. I due verranno aiutati e condotti da un uccellino azzurro di nome Beatrice: un tempo era un essere umano, ma fu trasformato in uccello a causa di un incantesimo. La Beatrice della miniserie non funge così da donna angelicata, ma rimpiazza il Virgilio dantesco ricoprendo il ruolo di guida. Wirt, il fratello maggiore, condivide molti tratti della personalità di Dante: innanzitutto, viene sottolineato il suo interesse per la poesia; poi, proprio come il Dante della Divina Commedia, è molto angosciato dalla realtà in cui si ritrova immerso; inoltre, preferisce il riflettere all’agire. Greg, infine, è paragonabile a Virgilio per il coraggio che dimostra nell’affrontare i pericoli della foresta, insidie in cui incappa spesso casualmente (al contrario di Virgilio), trascinando il fratellastro con sé.

Adesso spostiamoci nel Giappone del 1994, quando il fumettista Gō Nagai (autore di Jeeg Robot d’acciaio e UFO Robot Goldrake, opere da cui saranno tratte le celebri serie animate omonime) pubblica in tre volumi la trasposizione manga (fumetto giapponese) della Divina Commedia. Il suo intento non è quello di parodiare il poema dantesco (a differenza di Martina e Bioletto, L’Inferno di Topolino), ma di restituirne interamente la storia al pubblico nipponico. Nagai decide quindi di rivolgersi ad un target più adulto, in grado di capire appieno le varie tematiche. Si sofferma principalmente sulla prima Cantica, l’Inferno, dedicandoci ben 2/3 del manga, per poi trattare più velocemente Purgatorio e Paradiso (a quest’ultimo riserva solo poche pagine). L’Inferno, pieno di eccessi, demoni e personaggi oscuri (ma affascinanti), si presta bene a una narrazione dinamica, fantasiosa e allo stesso tempo formativa. Anche nel manga, infatti, davanti ai vari peccatori Dante si interroga sulla natura umana, come nel girone abitato da avari e prodighi, dove riflette sui desideri terreni e si chiede se l’uomo sia malvagio per natura. L’autore deve comunque fare i conti con il pubblico nipponico, diverso per religione e cultura da quello italiano, incapace di comprendere tutti i riferimenti allegorici ed anagogici dell’opera originale. Nel manga la dimensione spirituale è meno forte. Dante non ha più la missione di mostrare all’intera umanità il percorso di redenzione: il suo è un viaggio di formazione assolutamente individuale. La sua fede non è mai messa in discussione (in generale diverse vignette citano il rapporto tra Dio ed esseri umani), ma in questa versione Dante uscirà dal Paradiso rinnovato più come uomo che come cristiano. A guidarlo attraverso i tre regni sarà sempre l’amore per Beatrice, un amore puro, ma molto meno idealizzato rispetto a quello del poema. L’elemento principale per cui questa versione merita di essere letta è sicuramente l’estetica. Gō Nagai si ispira per i disegni alle celebri illustrazioni di Gustave Dorè del 1861, raffigurando nel dettaglio ogni singola pena e ogni creatura infernale per esaltarne l’aspetto più immaginifico e memorabile.

Quelle di cui abbiamo parlato sono solo alcune delle innumerevoli trasposizioni a fumetti della Divina Commedia, provenienti da ogni parte del mondo (Das Inferno, Dante’s Inferno, La divina comedia, etc.) e spesso realizzate a distanza di pochissimi anni l’una dall’altra. Questo dimostra come il poema abbia ancora tanto da insegnare e quanto il fumetto possa favorirne il processo di diffusione e comprensione. È inevitabile che col passare degli anni le nuove generazioni si sentano sempre più distanti dal mondo medievale di Dante, ma una tecnica nuova e sempre al passo coi tempi come il fumetto riesce a mantenere vivo il ricordo dell’opera. Per chi non conosce il testo originario, una parodia o una rielaborazione si rivelano un leggero primo approccio e una spinta alla sua lettura, mentre per chi lo conosce già può rappresentare un coinvolgente approfondimento.

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