Ragioni per dire come ti senti davvero invece di mentire

Tante volte quando ci viene chiesto come stiamo tendiamo a mentire. Che sia perché ci troviamo per strada con un semi-sconosciuto davanti o perché non abbiamo tanta voglia di aprirci, rispondiamo “tutto bene dai, tu?” molte più volte di quante non sia vero. E nonostante, ovviamente, sia normale calibrare quanto condividiamo in base all’interlocutore, è vero anche che talvolta essere sinceri può aiutare. In questo episodio di In Punta di Piedi, allora, oggi proviamo a parlare proprio di questo.

Iniziamo elaborando la premessa iniziale, cioè quella legata alle circostanze. Anche se spesso é una domanda di cortesia, infatti, le situazioni possibili sono pur sempre varie e distinguibili in base al livello di interesse: inesistente, moderato e sincero. Viene poi da pensare che più la curiosità della persona sia genuina, più possiamo sentirci a nostro agio nella verità. Tuttavia, per quanto questo sia vero, può essere anche limitante a volte.

Essere onesti non richiede la condivisione di ogni piccolo dettaglio, emozione o pensiero, né che la nostra totale vulnerabilità sia alla mercé di chiunque. A volte possiamo rispondere senza mentire e, contemporaneamente, tutelando la nostra privacy, ad esempio impostando dei boundaries. Mettere dei paletti – dicendo, ad esempio, ”Non me la sento di raccontare tutto”, “Preferisco non spiegartelo in questo contesto” oppure rimanendo vaghi – non é maleducato, anzi: é segno di rispetto verso noi stessi e non offenderà chi ci vuole bene veramente. Tutto questo, insomma, non per suggerire di essere sempre libri aperti sfogliabili da chiunque, ma per spiegare che mostrare qualcosa in più oltre alla nostra copertina non é infondo tanto pericoloso. Del resto, una cosa é essere selettivi – più che legittimo – e un’altra é non aprirsi con nessuno. Vediamo allora adesso in particolare tre buone ragioni per articolare risposte più veritiere.

  1. Capiamo su chi possiamo contare.

Cercare di spiegare davvero come ci sentiamo é un’ottimo strumento per valutare la profondità dei nostri rapporti. Se non abbiamo troppa confidenza, possiamo provare a raccontare qualcosa di personale ma non intimo e fare attenzione al feedback che riceviamo. Dopodiché, per quanto ognuno di noi abbia le sue preferenze ed esigenze, in generale ci sono tre reazioni che possono essere una red flag: totale egocentrismo; chi ci ha ascoltati sminuisce la nostra storia facendoci vergognare; veniamo interrotti continuamente.

2. Sopravvivi 

Ormai é risaputo e forse é quasi un cliché, eppure vale la pena ripeterlo: tenersi tutto dentro, alla lunga, logora e crea un bagaglio emotivo pesante che può compromettere la nostra vita quotidiana. Va bene voler decidere per sé, prendersi il tempo per le proprie considerazioni e cercare di non farsi influenzare, ma non condividere nulla di ciò che si prova é molto lontano da una sana autonomia e indipendenza. Anche se può essere difficile in principio – specialmente se in passato le nostre confidenze sono state usate contro di noi o la nostra fiducia si é rivelata mal riposta – non possiamo far altro che imparare da ciò che é già capitato e continuare a tentare di nuovo. 

La paura, poi, di essere fraintesi, é più che comprensibile, ma razionalmente parlando non é un freno sufficiente: le incomprensioni sono frequenti a prescindere da quanta attenzione mettiamo in ogni nostra parola, perché il modo in cui ognuno guarda il mondo é viziato da convinzioni e necessità personali.

3. Riduzione dello stigma 

In questa rubrica proviamo sempre a normalizzare i nostri stati d’animo nella loro complessità e naturalezza. Cercare, quando ne intravediamo l’occasione, di dire davvero come stiamo – che sia con un vago “Sono un po’ stanco e sopraffatto, ma tengo duro” o un discorso articolato ad una persona cara – può essere un altro passo in questa direzione. Tutti ci presentiamo sempre felici e in forma, virtualmente e non solo, ma sappiamo bene che non é vero. Solo che, mentre i nostri malesseri li conosciamo fin troppo bene, quelli degli altri al massimo li pensiamo come vaghi momenti di stanchezza. Così il prossimo diventa un ennesimo standard irrealistico e ingannevole piuttosto che qualcuno umano tanto quanto noi, la cui vita oscilla sulla stessa altalena di emozioni e fasi (anche se con ritmi diversi). 

Provare, quindi, anche solo in poche occasioni, a raccontarci con sincerità può aiutare a demolire l’idea che si debba sempre essere contenti, che i momenti di tristezza e fatica debbano solo passare e non essere vissuti.

Concludiamo, allora, non augurandoci di riuscire, da ora in poi, a svendere le nostre esperienze personali in nome dell’empatia e dell’amicizia, ma solo di provare un nuovo modo di vivere ciò che ci succede. Piuttosto che intesa come un segreto intoccabile e fragile, la nostra vita può essere, con le premure e censure necessarie, condivisa tanto per alleggerire il nostro cuore quanto per regalarci amicizie più appaganti e un mondo leggermente migliore. 

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