Nobel 2023: tra Diritti delle Donne e “Quiet Revolution”

A cura di Francesco Maria Filiberti e Luca Perbellini

When women move forward, the world moves with them. 

Questo proverbio di origine africana esprime in modo semplice ed efficace la centralità delle donne all’interno della nostra società. In altre parole, quando le donne realizzano pienamente il proprio potenziale – senza incontrare barriere o discriminazioni di genere – possono sorgere benefici diffusi che non coinvolgono solo loro stesse, ma la società nel suo complesso. In questo senso, i premi Nobel per la Pace e per l’Economia 2023 – assegnati rispettivamente a Narges Mohammadi e Claudia Goldin – esemplificano la necessità di garantire alle donne di qualsiasi parte del mondo una completa emancipazione sociale, politica ed economica. Nei paragrafi seguenti, presenteremo le storia delle due vincitrici di quest’anno e proveremo a riflettere sulla rilevanza delle loro attività.

Woman, Life, Freedom. Con queste parole si è aperto il discorso di conferimento per il Premio Nobel per la Pace 2023, assegnato all’attivista iraniana Narges Mohammadi. La sua lotta contro l’oppressione delle donne e il suo impegno a favore dei diritti umani e della libertà per tutti sono i cardini del suo attivismo, nonché il motivo del premio.

«La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane» – è il commento dell’ONU all’assegnazione dell’onorificenza. Dunque, è chiaro l’intento del comitato di Stoccolma di premiare Narges Mohammadi come simbolo e portavoce di un intero movimento, di una popolazione, quella iraniana, che da decenni combatte l’apartheid di genere e il dispotismo religioso. Nell’articolo pubblicato sul New York Times nel 2022, scritto dalle pareti della prigione di Evin (Teheran) e intitolato The More They Lock Us Up, the Stronger We Become, Mohammadi esprime con straordinaria vitalità e coraggio tutto il suo attivismo. Rende pubblico al mondo intero le sue battaglie e il suo unico modo e scopo di vita: la lotta contro la teocrazia islamica d’Iran per i suoi e altrui diritti. In un passo della lettera scrive: “I pensieri e i sogni non muoiono. La fede nella libertà e nella giustizia non muore con la prigionia, la tortura e nemmeno con la morte. La tirannia non prevale sulla libertà. Non smetterò mai di lottare”.

Mahsa Amini, Armita Garawand, Nasrin Sotoudeh, Nargess Eskandari-Grünberg sono solo alcune delle donne che hanno aderito al movimento Donna, Vita, Libertà: alcune di loro hanno pagato il prezzo più alto, perdendo la vita, mentre altre hanno sacrificato la propria libertà. Sono loro a venire simbolicamente onorate con il premio Nobel assegnato a Mohammadi. Incarnano lo spirito indomito, attivista, desideroso di giustizia e libertà, un fuoco che non potrà essere sedato.

Pochi giorni dopo l’assegnazione del Nobel per la Pace, la professoressa dell’Università di Harvard Claudia Goldin è stata premiata con il Nobel per l’Economia. La sua attività di ricerca si concentra sulla partecipazione femminile nel mercato del lavoro e sull’evoluzione storica di questo processo, con particolare attenzione alle differenze di genere. In dettaglio, Goldin ha coniato il termine Quiet Revolution per indicare le trasformazioni che hanno permesso alle donne di entrare nel mercato del lavoro tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI. Tra le maggiori cause di questo incremento, l’economista individua il fondamentale sviluppo del settore terziario e dei servizi, oltre a un sostanziale mutamento valoriale verso l’occupazione femminile. Inoltre, l’introduzione di innovazioni scientifiche come la pillola contraccettiva ha consentito una maggiore emancipazione femminile, permettendo alle donne di ottenere un’istruzione più elevata e offerte lavorative più prestigiose. Ciononostante, Goldin osserva che le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, soprattutto dopo l’arrivo del primo figlio. Le ambizioni professionali delle donne, infatti, sembrano ridursi drasticamente come conseguenza di una maggiore attenzione alla cura dei figli, specialmente in contesti che considerano ancora il padre come fonte di reddito principale all’interno del nucleo familiare.

Quali soluzioni propone Goldin per fronteggiare il gender pay-gap e ridurre la disuguaglianza di genere in ambito lavorativo? Sicuramente è richiesto un cambiamento strutturale: «La soluzione per l’uguaglianza di genere non deve (necessariamente) includere un intervento del governo e non deve per forza venire da una maggiore responsabilità degli uomini a casa (anche se non farebbe male), ma deve venire da cambiamenti nel mercato del lavoro».

Nonostante l’apparente distanza (tematica e geografica) dei due Nobel e delle rispettive vincitrici, il messaggio comune è chiaro: emancipare le donne dalle barriere – visibili e invisibili – che ostacolano il loro progresso e sostengono un ordine sociale fortemente patriarcale. Il coraggio esibito dalle donne israeliane per riaffermare i propri diritti davanti a uno Stato autoritario, la permanenza di importanti disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, dimostrano che la strada verso un mondo più equo è ancora in salita. Ciononostante, è fondamentale mantenere alto l’interesse per queste tematiche, studiarne le cause e favorire il dibattito per elaborare possibili soluzioni.  

Redazione

La redazione de l'Universitario è composta perlopiù da studenti dell'Università di Trento

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