Violenza di genere: come saranno gli adulti di domani? 

Se ne parla, ma evidentemente non abbastanza. O forse è il solo parlarne che non basta più. Non basta più nel momento in cui nella società non c’è consapevolezza. Nel momento in cui il fenomeno riguarda ragazzi sempre più giovani. Nel momento in cui gli omicidi e i processi fanno notizia per qualche settimana. 

Una recente ricerca della Fondazione Libellula, che si occupa di violenza e parità di genere, ha analizzato come più di 1500 ragazzi dai 14 e i 19 anni vivono la violenza di genere. Da questa ricerca emergono dati non incoraggianti: il 40% dei ragazzi pensa che sia colpa delle donne se vengono violentate e reati che si avvicinano allo stalking non vengono percepiti come tali da 4 ragazzi su 10. Ancora più gravi sono i dati che mostrano come 3 ragazzi su 10 considerano accettabile toccare una persona senza il suo consenso o chiedere insistentemente foto intime al proprio partner. Ma ovviamente risposte preoccupanti emergono anche dai questionari femminili: il 32% delle ragazze pensa, infatti, che la gelosia sia un normale segno di amore. Quella stessa gelosia che, portata all’estremo, è una delle principali cause di maltrattamento. Probabilmente leggendo questi dati ci si potrebbe chiedere come siano possibili delle risposte del genere dopo tutto quello che succede in Italia e non solo. Probabilmente molti genitori penseranno che i propri figli siano totalmente estranei a questo tipo di pensiero. 

La verità è che questi dati sono lo specchio della società di domani. Una società che accetterà la violenza, continuando a non riconoscerne le prime avvisaglie. Una società in cui il rispetto verrà messo da parte dall’istinto. Una società in cui si giudicheranno sempre di più le vittime dei carnefici. Una società in cui sui giornali, proprio come oggi, si leggerà quasi ogni giorno di una ragazza o una donna uccisa, picchiata o violentata.  

Sarà davvero cosi o si può ancora fare qualcosa? Difficile da prevedere. Sicuramente questi dati e soprattutto le cronache dovrebbero farci capire che non si sta facendo abbastanza. 

Non si sta facendo abbastanza nel momento in cui i femminicidi non solo esistono e sono cosi terribilmente frequenti, ma non sono nemmeno più “roba da adulti”. I fatti delle ultime settimane dimostrano che l’indagine della Fondazione Libellula potrebbe rispecchiare la realtà più di quanto crediamo. A Piacenza si sta piangendo la morte di Aurora, l’ennesima ragazza uccisa dall’ex fidanzato. I familiari della vittima avevano fin da subito escluso la possibilità di un suicidio, lamentando maltrattamenti da parte del fidanzato nei confronti della figlia. Sembrerebbe una delle centinaia (purtroppo) di storie che si leggono sul giornale in un anno. Ma non lo è. Aurora aveva 13 anni e il suo ex fidanzato, ora in carcere e a breve sotto processo, ne ha 15. Non è stato un incidente, lui voleva che lei cadesse da quel terrazzo ed è per questo accusato di omicidio volontario. In casi come questi si tende a puntare il dito contro i genitori: l’educazione che non gli hanno dato, il rispetto che non gli hanno insegnato e i segnali che non hanno colto. E si tende soprattutto a giudicare distanziandosi, come per dire “a me, a mio figlio o figlia non può succedere”. Il problema è che, di chiunque sia la colpa, in questi casi si piange la morte di una ragazza giovanissima e la distruzione di un ragazzo che non avrà più una vita. E prendere le distanze dal problema non aiuta di certo a risolverlo. Non ci si può sobbarcare né dell’educazione genitoriale né delle possibili nascoste ragioni psicologiche di queste tragedie, ma forse a livello più generale qualcosa si può migliorare. Di certo il fatto che nelle scuole non si accenni nemmeno ad affrontare questo tipo di argomenti non aiuta. I ragazzi, anche quelli che hanno risposto al sondaggio, passano gran parte del proprio tempo a scuola e un minimo di dialogo ed educazione sul tema potrebbe almeno renderli consapevoli. Ovviamente la scuola non basta a fermare il fenomeno, ma se la violenza, il consenso e la sessualità continueranno ad rimanere dei tabù, come possiamo pensare che gli adulti di domani saranno migliori di quelli di oggi? Forse a volte, come società, ci sentiamo più “moderni” di quanto effettivamente non siamo. 

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