Estensione del diritto di voto ai sedicenni: i giovani al centro della politica?

Un milione e 100mila: questo è il numero di nuovi possibili elettori a cui diverse forze politiche, dalla maggioranza all’opposizione, vorrebbero dare il diritto di voto. In questi giorni si sta infatti discutendo la possibilità di permettere ai ragazzi, per poter incidere direttamente sulla vita politica del paese, di votare già dall’età di sedici anni. A sollevare questa discussione, è stato l’ex premier Enrico Letta, attualmente direttore della scuola SciencesPo di Parigi, in un’intervista a “Repubblica” nella quale esortava il governo ad estendere il voto ai 16enni in tempi brevi perchè è una questione urgente al pari di un altro tema caldo recente- lo ius culturae. Ha avanzato questa proposta in seguito alla protesta del movimento Fridays4future avvenuta venerdì 27 settembre, che ha visto scendere in piazza in tutta Italia circa un milione di giovani che, cartelli alla mano, chiedevano al governo un maggiore investimento in politiche contro il riscaldamento globale e di salvaguardia ambientale.

Questa proposta ha ottenuto subito sostegno da più fronti, in primis dal premier Conte che si è detto pronto ad avviare l’iter legislativo. In seguito si è aggiunto il segretario del PD Zingaretti, affermando “ora è il momento”; applausi poi anche da Di Maio, che ha subito rivendicato subito questa idea come una battaglia che il Movimento porta avanti fin dalle sue origini. Anche i leghisti si mostrano favorevoli, ricordando che avevano già fatto una proposta simile nella precedente legislatura, a novembre 2015. Letta, però, nell’intervista aveva affermato che questa sua idea gli era venuta due anni fa: insomma, è gara a chi ci ha pensato prima. Comunque sia, più di qualcuno suggerisce di inserire questa riforma come emendamento alla proposta pentastellata, attualmente ferma al Senato dopo essere stata approvata a luglio alla Camera, di ridurre a 18 anni l’età per eleggere i senatori.

L’ex premier motiva questa sua idea come un modo per dire ai giovani: “vi prendiamo sul serio e riconosciamo che esiste un problema di sottorappresentazione delle vostre idee, dei vostri interessi”. Sulla carta sembra una bella proposta, ma tra il dire e il fare c’è sempre il mare. Infatti, questo milione di nuovi elettori corrisponderebbe a circa il 2% degli aventi il diritto complessivi, un valore quasi insignificante nella visione complessiva delle dinamiche politiche. A maggior ragione, è importante considerare che non tutti voterebbero, in quanto molti già ora non si sentono ancora pronti perchè non sufficientemente maturi o preparati. E si trova corrispondenza di ciò se se si guarda alle elezioni europee 2019: tra i giovani italiani di età compresa tra i 18 i 34 anni, l’astensione al voto è stata poco sotto al 50% (fonte Ipsos): quasi uno su due non ha votato. Inoltre, questi pochi voti sarebbero polarizzati principalmente tra PD, M5S e soprattutto Lega, secondo sempre le stime dei giovani elettori delle europee; questo fenomeno è dovuto anche al fatto che in Italia non c’è, come in altre parti d’Europa, un partito verde forte abbastanza da farsi portavoce delle istanze di questi giovani e così da poter richiamare a sé questo elettorato. Dunque, i giovani elettori non otterrebbero maggiori attenzioni dai politici. Di questo parere è anche il senatore a vita Mario Monti che ritiene il voto ai sedicenni solo una “proposta demagogica”, inutile quindi al fine di rendere i giovani protagonisti nel panorama politico, lontano da loro e monopolio degli anziani.

Per trasformare i ragazzi di oggi nei cittadini attivi di domani non è necessario permettere loro di votare, ma bisognerebbe fare delle riforme a loro favore, per poterli inserire in un mondo del lavoro che funzioni e dove possano trovare un’occupazione coerente con il loro percorso di studi e non dover passare anni e anni in cassa integrazione o in condizioni che possano sfiorare lo sfruttamento per poter guadagnare qualcosa. Infine, è necessaria una riforma scolastica efficiente che non miri a ridurre le spese, ma al contrario a investire nelle scuole (non solo come istituzioni, ma anche come edifici!) per garantire a chi le frequenta un’ottima istruzione, che vada oltre alle classiche materie scolastiche e riguardi anche la struttura del nostro Stato e le leggi che lo regolano, per prepararli ad essere elettori consapevoli. Questo è ciò che, secondo me, andrebbe fatto con i ragazzi tra i 16 e i 18 anni.

Niccolò Bonato

Appassionato di relazioni internazionali, giornalismo e comunicazione in generale. Originario di Treviso, ma a Trento per studi (internazionali)

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