Dalle parole ai fatti: Scuole Aperte ed altre proposte

di Elisa Mazzocato

CORONAVIRUS. 

Bene, ora che abbiamo la vostra attenzione possiamo tornare a parlare di scuola. Finora, con la nostra rubrica Rivoluzione Scolastica: Istruzioni per l’uso, abbiamo cercato di: spiegare le ragioni della necessità di un cambiamento strutturale della scuola italiana; descrivere un approccio alternativo (già esistente) all’educazione; descrivere come questo sia stato già messo in pratica dalla scuola finlandese. I tempi sono maturi per avanzare le nostre proposte:

  • un nuovo modo di intendere la scuola
  • un nuovo modo di intendere l’insegnante 
  • un nuovo modo di intendere l’istruzione e/o l’educazione

Vogliamo una scuola aperta. Da un lato “una scuola aperta fino a mezzanotte”, come quella che vorrebbe Galimberti, dall’altro una scuola aperta anche alla società, in cui i progetti creati dagli studenti abbiano un impatto reale su di essa.

Oggi analizzeremo il primo punto, che si può sintetizzare in una formula apparentemente semplice: vogliamo una scuola aperta. Cosa si intende esattamente con questa espressione? Da un lato si parla di “una scuola aperta fino a mezzanotte”, come quella che vorrebbe Galimberti, o come quella che, più di cinquant’anni fa, Don Milani si era già dato da fare per realizzare, nella sua piccola Barbiana. Provate ad immaginarla.

Immaginate una scuola aperta la mattina, prima delle lezioni, per gli studenti che partono molto presto da casa e avrebbero voglia di fare colazione in compagnia – magari in uno spazio accogliente, arricchito da riviste e giornali, per provare a suscitare nei giovani il desiderio di informarsi, anziché limitarsi a disprezzarli perché non lo fanno. Aperta il pomeriggio, per offrire sia un doposcuola serio e uno spazio per studiare, che un luogo in cui semplicemente stare assieme e assieme giocare, creare, ballare e recitare, scrivere e dibattere, confrontarsi e crescere. Aperta fino a sera, per guardare un film con i compagni o i genitori, organizzare uno spettacolo o un caffè letterario, incontrarsi per discutere o chiaccherare.

Dall’altro lato una scuola deve essere aperta anche alla società, ovvero solidamente inserita in essa. Ci sarebbero innumerevoli modi per realizzare ciò, ad esempio integrando nella didattica piccoli (o grandi) progetti, creati dagli studenti, che abbiano un impatto reale sulla società che li circonda. Perché simulare l’organizzazione di un evento o la scrittura di un articolo di giornale, anziché farlo davvero? Ma spesso basterebbe che alcune piccole cose, semplici e quotidiane, diventassero prassi scolastica: portare i bambini e i ragazzi a studiare scienze in giardino, a fare educazione civica in Comune, a osservare (e creare) arte al museo. Portare insomma la scuola “fuori”, nella società, e la società dentro la scuola. 

Quello che state immaginando somiglia ormai, a ben pensarci, ad un ambiente che anche qui in Italia abbiamo già creato: l’università, un luogo in cui gli studenti sono più liberi di associarsi, avanzare proposte, realizzare progetti, spesso coinvolgendo tutta la cittadinanza. Non è un luogo perfetto, certamente, ma proprio l’analisi critica che l’atto di prenderlo a modello per la scuola richiederebbe potrebbe diventare una buona occasione per implementarlo. E questa non è l’unica buona notizia: alcuni esperimenti di scuola aperta, infatti, sono già stati avviati sia a livello europeo che in Italia.

Per OSOS la scuola aperta è “un ambiente di apprendimento più coinvolgente, che dà un contributo essenziale alla comunità: i progetti degli studenti incontrano i suoi reali bisogni”, perché “imparare nel e insieme al mondo reale crea più senso e più motivazione per gli studenti e gli insegnanti.”

Open Schools For Open Societies è un progetto finanziato dall’Unione Europea che riunisce un migliaio di scuole, università, associazioni e musei dislocati in 13 Paesi in tutto il mondo. Lo scopo è quello di offrire ai singoli istituti sia la reciproca collaborazione che delle linee guida centrali, nonché i mezzi economici necessari, per dare vita ad una vera open school, che per OSOS è “un ambiente di apprendimento più coinvolgente, che dà un contributo essenziale alla comunità: i progetti degli studenti incontrano i reali bisogni della comunità al di fuori della scuola e attingono alla competenza ed esperienza locali”. Perché “imparare nel e insieme al mondo reale crea più senso e più motivazione per gli studenti e gli insegnanti.”

Sebbene fra i 19 partner del progetto OSOS vi sia anche la Città della Scienza, un centro di promozione e divulgazione scientifica con sede a Napoli, l’iniziativa non sembra essere stata recepita con particolare entusiasmo nel nostro Paese. Una meritevole eccezione è rappresentata da Scuole Aperte 2.0, un progetto del Comune di Milano, in collaborazione con il MIUR, nato nel 2019 grazie al finanziamento dell’organizzazione non-profit Fondo Scuola Italia

L’iniziativa, pur se indipendente dall’Unione Europea, va nella stessa direzione di OSOS: lo scopo è creare una rete di scuole (al momento sono 260) che condividano obiettivi, esperienze e risorse per trasformare ogni scuola in un luogo aperto alla comunità – quella dentro e quella fuori. I progetti che include sono numerosissimi e vanno da #Ambienteascuola, per sensibilizzare gli studenti a una corretta pratica della raccolta differenziata, a La Scala Fa Scuola, che offre percorsi formativi agli insegnanti per riportare l’insegnamento e la pratica della musica nelle scuole, fino a Incontriamo le religioni del mondo, per far conoscere a bambini e ragazzi le differenti culture religiose attraverso l’esperienza diretta di feste tradizionali, cibi, riti.

La nostra proposta vuole essere anche un invito all’azione: ciò che rende una scuola più aperta parte dai gesti quotidiani di insegnanti e studenti.

Per trasformare ogni singola scuola italiana, anzi la scuola italiana, in una scuola aperta, sarà necessaria una riforma strutturale del sistema, di cui in ogni articolo abbiamo cercato di evidenziare l’urgenza. Anche una rivoluzione, per essere efficace a lungo termine, non può essere attuata dall’oggi al domani ma deve passare attraverso un processo graduale di implementazione di idee e pratiche innovative. Per questo la nostra proposta vuole essere anche un invito all’azione: ciò che rende una scuola più aperta parte dai gesti quotidiani di insegnanti e studenti, e può essere realizzato anche su ampia scala importando nel proprio ambiente modelli virtuosi come quello di OSOS e del Comune di Milano. Solo così si potrà preparare il sistema ad accogliere un cambiamento nella politica scolastica, facendo muovere nella queste reti di cooperazione tra scuole nella direzione di un coordinamento a livello nazionale.

Contatti:

valentina.failla@studenti.unitn.it
elisa.mazzocato@studenti.unitn.it

Per approfondire (bibliografia dell’articolo):

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