Europa dell’Est, un laboratorio tra accademia e società
Ricerca, divulgazione e cooperazione. A Trento una rete che guarda ai Balcani con linguaggi nuovi. In arrivo Estival, 9 e 10 maggio 2025
Nel capoluogo trentino si sta consolidando una rete intellettuale e culturale che guarda con attenzione e competenza all’Europa orientale e ai Balcani. Una rete fatta di università, centri di ricerca, case editrici, testate giornalistiche e associazioni culturali che insieme esplorano una delle aree più complesse e meno comprese del continente, intrecciando ricerca accademica, divulgazione e coinvolgimento del territorio. In questo contesto si inserisce Estival, un festival culturale dedicato a politica e società dell’Europa orientale e Balcanica, la cui seconda edizione si terrà a breve a Trento: due giornate – venerdì 9 e sabato 10 maggio – di incontri, proiezioni, mostre e dialoghi aperti che non si rivolgono solo agli addetti ai lavori, ma a un pubblico più ampio possibile.
Estival è nato da un’intuizione condivisa tra Matteo Zola, direttore di East Journal, e Luisa Chiodi, direttrice dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (OBCT). Come racconta Chiodi, l’obiettivo iniziale era quello di mettere in luce la densità e qualità delle competenze presenti a Trento su questa parte d’Europa. Non solo OBCT, ma anche l’Università di Trento, la casa editrice Keller, riviste e associazioni che da anni lavoravano sui paesi dell’Est. Un’idea che è germogliata in fretta: nel 2023 si è svolta la prima edizione del festival, mentre quella del 2025 promette di essere ancora più articolata. Il programma spazia dall’allargamento dell’Unione Europea ai movimenti sociali nei Balcani, dalla crisi ambientale alla democrazia in Romania, fino alle dinamiche politiche in Ucraina e Caucaso. Ma Estival non è solo un festival: è l’espressione più visibile di una sinergia virtuosa tra mondo universitario e società civile, che incarna in modo concreto la cosiddetta terza missione dell’università – quell’impegno, cioè, a produrre e diffondere sapere anche fuori dalle aule e dai circuiti accademici.
Una prospettiva pienamente condivisa da Alessandra Russo, docente di Scienze Politiche all’Università di Trento e co-responsabile di un modulo Jean Monnet EU-Prox dedicato a innovare gli studi Europei e ad approfondire la geopolitica e la sostenibilità del processo di allargamento. «La nostra università», spiega la professoressa, «è tra gli enti fondatori dell’Osservatorio e da sempre è coinvolta in modo strutturale, anche a livello istituzionale, in progetti che riguardano l’Europa orientale». Il legame non si esaurisce nella ricerca: Russo insiste sulla necessità di uscire dalle aule e «sperimentare nuovi linguaggi, nuovi formati» – per rendere accessibili contenuti complessi anche a chi non ha una formazione accademica. «Anche per noi docenti è una sfida: siamo abituati a scrivere articoli scientifici o fare lezione, ma molto meno a dialogare con un pubblico ampio ed eterogeneo».
Uno degli elementi più interessanti di questa esperienza è proprio la contaminazione tra saperi e tra linguaggi. OBCT, che è un’unità operativa del Centro di Cooperazione Internazionale, è infatti un centro studi ma anche una testata giornalistica con una rete capillare di corrispondenti in tutta Europa orientale – capace di produrre reportage, analisi e contenuti di qualità, accessibili e allo stesso tempo rigorosi. Come spiega Luisa Chiodi, l’Osservatorio è oggi riconosciuto in tutta Europa per il suo impegno nella promozione della democrazia, dello stato di diritto e del ruolo dei media. «Contribuiamo alla costruzione dell’Europa dal basso, con progetti di formazione, informazione e advocacy». Non è un caso che OBCT sia partner stabile di reti europee di media collaborativi, attive nel data journalism e nella promozione della cittadinanza attiva.
Un fiore all’occhiello tra le realtà del territorio, capace di offrire agli studenti universitari preziose occasioni di crescita e di sperimentazione: grazie a Estival è stata introdotta la figura dello «student reporter», un ruolo che vedrà quattro studenti e studentesse partecipare attivamente agli eventi, raccontandoli in prima persona e aprendosi al confronto con i relatori. Parallelamente, sono state aperte alcune posizioni per tirocini accademici di più lunga durata. «Insieme al professor Woelk (co-responsabile del modulo Jean Monnet, ndr) abbiamo ricevuto un numero davvero significativo di candidature, a fronte di soli due posti disponibili per il tirocinio. Un buon riscontro dell’interesse e della predisposizione degli studenti verso queste tematiche e questo ambito disciplinare. Il modulo proseguirà fino al 2027, offrendo quindi numerose altre occasioni in futuro». Inoltre, la Scuola di Studi Internazionali ha organizzato in collaborazione con OBCT un workshop professionalizzante dedicato al tema della libertà dei media.
Ma perché oggi è importante, anche per chi vive a Trento o in Italia, interessarsi a ciò che accade nei Balcani o nel Caucaso? Alessandra Russo risponde con chiarezza: «Ce ne siamo dimenticati per troppo tempo! Dopo l’annessione della Crimea nel 2014, in paesi come Francia e Germania si è riacceso un vivace dibattito sulla Russia, la sua cultura e le sue istituzioni. In Italia, invece, questa riflessione è rimasta più flebile. Forse perché per troppo tempo abbiamo continuato a interpretare quella realtà con una mentalità da Guerra Fredda, adottando ancora oggi letture semplificate e dicotomiche che non riescono a coglierne la reale complessità». Anche Luisa Chiodi concorda su questo aspetto: «L’Europa che un tempo si trovava oltre la cortina di ferro resta tuttora poco conosciuta da molti cittadini dell’Europa occidentale. È fondamentale approfondirne la storia e comprenderne il presente, soprattutto ora che condividiamo con alcuni di quei Paesi le stesse istituzioni europee».
Conoscere meglio l’Est, dunque, non è una curiosità esotica, ma una necessità politica e sociale. Come sottolinea anche Chiodi, «la democrazia romena non corre rischi tanto diversi da quelli che attanagliano il resto del continente. Comprendere i percorsi storici, politici e culturali di questi paesi aiuta a leggere con maggiore lucidità anche le sfide dell’Europa occidentale». In questo senso, ci vorrebbero più spazidi dialogo, di apprendimento reciproco. Tutto questo si riflette nel programma di Estival, che ha tra i suoi punti forti una tavola rotonda con giornalisti provenienti dai Balcani, invitati a discutere di crisi ambientali e allargamento UE, ma anche mostre fotografiche, cinema, letteratura. Ogni evento è pensato per essere accessibile, trasversale, capace di parlare sia allo studente universitario che al cittadino curioso. Si tratta di un ottimo esercizio di cittadinanza attiva in chiave europea.
Per questo è importante che simili esperienze vengano sostenute e valorizzate. Perché rendono tangibile il ruolo dell’università come motore civico, capace di fare ricerca e allo stesso tempo nutrire il dibattito pubblico, aprendo varchi di comprensione in un mondo che tende alla semplificazione. «Studiare lentamente, in profondità», ricorda Russo, «è un modo per resistere alla superficialità del presente». E anche per rendere il sapere accademico, oggi più che mai, uno strumento politico nel senso più alto e nobile del termine.