“You Know Nothing, Tony Stark!”

“Non sei l’unico ossessionato dalla conoscenza.”

Sono le parole che Thanos rivolge a Tony Stark, alias Iron Man, in Avengers: Infinity War. Oggi parliamo di conoscenza e ignoranza e lo facciamo facendo incontrare cultura pop e letteratura greca con alcuni dei personaggi filosoficamente più interessanti che siano mai stati creati: Iron Man e Edipo.

È questa l’essenza del personaggio più amato del Marvel Cinematografic Universe: spingersi sempre più in là nel territorio inesplorato della conoscenza, del sapere, raggiungere i limiti della ragione. Iron Man è il simbolo della conoscenza, dell’innovazione, della scoperta, di quanto essere eroi significhi per gli uomini saper usare la ragione piuttosto che la forza bruta, di quanto gli unici superpoteri a cui l’uomo può accedere sono proprio quelli che ci rendono più terreni e umani di tutti: la mente, il ragionamento, l’intuizione scientifica. Noi siamo strutturalmente protesi verso l’ignoto ed è questa tensione che ci caratterizza come esseri umani: ogni nostro atto davvero grande scaturisce dall’insofferenza verso quello che è reale e attuale, ogni atto artistico, scientifico, etico, razionale, è una rivoluzione perché sposta il limite del nostro campo di possibilità, perché allarga l’orizzonte, rompe lo specchio che ci restituisce sempre la stessa immagine del mondo e di noi stessi. Ogni capolavoro nasce dal desiderio di allargare lo spazio di possibilità della realtà, per tendere il suo tessuto narrativo e aprire uno squarcio da cui possa farsi strada il raggio di luce del futuro.

Tony Stark incarna appieno questo spirito così tipico degli esseri umani: l’ossessione della conoscenza, che ci porta sull’orlo dell’abisso, che ci conduce un passo prima della follia. Nel momento in cui ci allontaniamo nell’ignoto per viaggiare nel futuro, per creare il futuro stesso, c’è un rischio enorme: che la nostra mente si spacchi sotto il peso dell’ignoranza, che non riesca ad accettare il suo limite e impazzisca nel tentativo fallito in partenza di raggiungere la totalità, l’infinito, la perfezione ultima. È questo, dopo tutto, l’obiettivo di Iron Man: assicurare una difesa perenne e perfetta per l’umanità, risolvere ogni suo problema. Ecco perché ogni vittoria è allo stesso tempo per lui una sconfitta, perché significa che non è riuscito a prevenire l’attacco, che non è riuscito a isolare la Terra dalla minaccia della guerra. Ci spingiamo nel mare dell’ignoto ma dobbiamo sapere che non lo esploreremo mai tutto, che il mondo sarà sempre più di quello che avevamo immaginato, teorizzato, sperato. Il mondo ci eccede, ci sovrasta, e non è riducibile alle nostre aspettative su di esso. L’esploratore deve tenere a mente il suo limite intrinseco per non impazzire difronte alla grandiosa, sublime, incomprensibile vastità del cosmo. Perché nel momento in cui si convince che la sua impresa esaurirà il mondo, riuscirà a raccontare tutto e a saturare tutta la conoscenza possibile, allora l’esploratore rimarrá accecato.

È quello che avviene a Edipo, nell’Edipo Re di Sofocle. Edipo cerca in tutti i modi di dominare il suo destino, di soggiogare le forze cosmiche del mondo, l’incomprensibile altro che ci domina. Cerca di fuggire dal suo fato, di esaurire il mondo, ma tutto quello che ottiene è di precipitare ancora più a fondo dentro la trama fitta del cosmo, di cadere sempre più giù nell’abisso oscuro di un mondo che non potremo mai comprendere del tutto. La tragedia ci insegna che quanto più cerchiamo di raggiungere l’infinito, la totalità, la perfezione nella nostra conoscenza, tanto più cadiamo vittime della follia per l’impossibilità di raggiungere un simile traguardo. Anche Edipo è ossessionato dalla conoscenza e la sua ossessione lo porta letteralmente all’accecamento. Infatti, quando scopre ciò che il destino l’ha portato a compiere, cioè uccidere il padre e fare sesso con la madre, si acceca. Questo gesto ha un profondo valore simbolico: indica il limite della conoscenza, è l’ammissione finale di Edipo che si riconosce condannato all’ignoranza, dimostrandolo platealmente a tutti e a sé stesso.

Ma Edipo non è l’unico “folle della conoscenza”. Un altro personaggio letterario ha incarnato questo spirito irrequieto della ragione in modo così tragico: Feanor, uno dei personaggi principali del Silmarillion di J. R. R. Tolkien. Descritto come il più abile e il più forte di tutti i figli di Ilùvatar, come il più intelligente e geniale della stirpe elfica, Feanor è il simbolo della conoscenza tecnica, la controparte mitica della figura di Iron Man nella cultura pop. È proprio lui infatti che crea i Silmaril, i tre gioielli che danno il titolo all’opera capolavoro dell’autore inglese, e che sono gli oggetti più mirabili e grandiosi mai creati sulla Terra. I tre Silmaril sono l’emblema della grandezza a cui l’uomo può aspirare nel suo cammino verso la conoscenza, ma sono allo stesso tempo la maledizione di Feanor, suo creatore, e di tutta la stirpe degli Elfi, a cui è legato il destino stesso della Terra e di ogni popolo che la abita. I Silmaril infatti scatenano la più grande guerra che mai si sia combattuta, una guerra cosmica ed epocale, che coinvolge tutta la storia perché coincide con la storia stessa. Anche Feanor è ossessionato dalla conoscenza e questa ossessione si traduce nell’ossessione della creazione: Feanor vuole essere riconosciuto come il migliore di tutti, e soprattutto vuole che i Silmaril rimangano con lui, come simbolo della sua grandiosa conoscenza, della totalità e dell’infinito che ha raggiunto. Ma di nuovo questa è solo un’illusione, perché anche i Silmaril sono destinati ad andare perduti, come ogni conoscenza è destinata all’instabilità, alla caducità, alla caduta, e Feanor stesso è destinato alla morte, che lo coglie proprio tenta di difendere l’indifendibile conoscenza che crede di essersi guadagnato per sempre.

Siamo esseri strutturalmente limitati, vincolati alla nostra ignoranza ed è solo da questa che possiamo partire per conoscere. Allo stesso tempo è sempre lì che ritorneremo una volta aver a lungo vagato in cerca dei Silmaril (come fa Feanor), del dominio del fato (come fa Edipo), della difesa inespugnabile della Terra (come fa Tony Stark). Noi siamo esseri ignoranti. E lo rimaniamo sempre. Tutto ciò che possiamo fare è cercare di creare durante la nostra breve esplorazione dei campi nuovi, allargare l’orizzonte, ribaltare la prospettiva. È solo dalla fusione, dall’armonia e dalla contraddizione, dallo scontro e dall’esplosione di tutte le prospettive insieme che possiamo avere un’immagine un po’ più chiara di cosa sia il mondo. Nessuno raggiungerà mai la totalità, nemmeno dalla somma di tutte le parti, di tutte le prospettive possibili. Ma questa è semplicemente la nostra natura. Per fortuna, le colonne d’Ercole della ragione sono sempre più in là di quello che credevamo. Solo grazie a questa verità è possibile che all’improvviso, ci imbattiamo ancora una volta, dopo millenni, in un capolavoro, lungo la via. Perché il capolavoro è possibile solo in un mondo inesauribile. Le grandi storie sono possibili solo in una realtà superabile, futuribile. Perché la rivoluzione è possibile solo in un mondo dove è ancora tutto da scoprire.

Trovi le puntate precedenti della rubrica Mind in Pop ai seguenti link:

Angelo Andriano

Nelle feste piccole, non c'è intimità.

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